"Da quassù la Terra è bellissima, azzurra, e non ci sono confini o frontiere" (Juri Gagarin)

mercoledì 3 settembre 2003

BREVE EXCURSUS SULLA BURIATIA



LA BELLEZZA FATALE

Buon compleanno Buriatia, bella e dimenticata. A 80 anni esatti dalla nascita di questa piccola repubblica autonoma della Siberia, ufficialmente istituita nel 1923 ai confini orientali dell’Unione Sovietica, le sue idilliche montagne ed le sue piane selvagge restano appannaggio di qualche estroverso avventuriero, ma nulla più. E’ lo scotto che deve pagare per aver ciecamente creduto nelle promesse della Perestroijka, quando i suoi abitanti si illusero di poter fare a meno di sovkohz e kohlkoz, vivendo del proprio orgoglio nomadico: l’unica vera risorsa che aveva trasformato i suoi campi avari in appezzamenti di ricche coltivazioni, ovvero l’agricoltura collettivizzata, è oggi solo un lontano ricordo evocato dalle carcasse arrugginite degli impianti di stoccaggio. Se è pur vero che i Buriati, discendenti da popolazioni mongole qui stanziatesi quasi un millennio fa, hanno sempre vissuto di caccia ed espedienti, nel mondo globalizzato l’isolamento non è più una difesa sicura, quanto una forma d’innocenza che risveglia gli appetiti di speculatori assai poco romantici.

I suoi 350mila chilometri quadrati non hanno solo la fortuna di essere ricoperti da fitte foreste di conifere, ma lambendo a nord e ad est le coste del lago Baikal, si espongono inconsciamente ai segreti progetti di edificazione di un centro per l’immagazzinamento di sostanze nucleari, di cui solo la rivista “Vokrufsveta” (www.vokrufsveta.ru) e l’associazione ecologista “Baikal Wave” (www.baikalwave.by.ru) hanno avuto l’ardire di denunciare i catastrofici effetti sulle riserve naturali locali. Toccare il tema della radioattività in Russia può essere infatti molto rischioso, a tal punto da indurre l’Fsb (i servizi segreti eredi del Kgb) ad azioni intimidatorie nei confronti dei pochi attivisti che si battono per avere maggiori informazioni sui rischi della salute propria ed altrui, cioè del mondo intero: perché il Baikal non è semplicemente un lago sperduto nella fredda Siberia, bensì un inestimabile e stravagante patrimonio dell’Unesco già dal 1996.

Uno dei tanti, a dire il vero. Chi pensa di far tappa ad Ulan Ude, la capitale dei Buriati, solo per raccogliere un po’ di vivande in vista di mete ben più rinomate lungo la ferrovia Transiberiana o Transmongolica, dovrà ricredersi quasi subito. L’enorme testa di Lenin, che incombe su ploscad Sovietova, mozza già di per sé il fiato: alta quasi cinque metri, la più grande del mondo, testimonia nelle sue spropositate dimensioni lo sforzo di sovietizzazione attuato nelle terre ove crebbe la madre di Gengis Kahn. Al di là del formale assenso alle direttive del Partito comunista, i Buriati non hanno mai rinunciato alle proprie tradizioni. Lo stesso Stalin, che nel corso degli anni ’30 aveva fatto distruggere centinaia di monasteri buddisti (datsan), si vide costretto nel 1946 a riconoscere il ruolo dottrinario del datsan di Ivolginsk, divenuto in breve il polo di riferimento per tutti i seguaci sovietici del filosofo indiano. Dal 1991, qui è stata creata addirittura una scuola di buddismo, dove vengono formati i Lama del futuro che si occuperanno di gestire altri monasteri buriati in fase di restauro o ricostruzione. Nonostante la subdola opposizione del governo russo e della chiesa ortodossa, verso cui si combatte una lotta culturale ben più accesa ma assai meno pubblicizzata di quella tibetana, il Buddismo sta oggi vivendo un periodo di intensa fioritura proprio in Buriatia.
La tolleranza religiosa è comunque di casa: nei villaggi locali e sulle montagne sacre gli oscuri sciamani sono in realtà pazienti saggi, con i quali ci si può confrontare chiedendo guarigioni o informazioni sul proprio futuro, mentre a Tarbagatasay, così come a Bolshoy Kunaley o in altri piccoli centri del sud, i Semeyskie (Vecchi Credenti) mantengono in vita usi e costumi del ‘700, seppur condannati come eretici dalla chiesa ortodossa. Tesori antichi e fragili, che la furia del consumo è pronta a spazzare via senza più fare appello al verdetto del campo.

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