"Da quassù la Terra è bellissima, azzurra, e non ci sono confini o frontiere" (Juri Gagarin)

lunedì 9 luglio 2012

GABON: TURISMO ANTI-DROGA


Libreville – Lo conoscono tutti come Tata-yo, ma il suo vero nome è Hugues Obiang Poitevin. Un po’ antropologo, un po’ sciamano, a vederlo sembra il fratello gemello di Keith Richard, il dinoccolato chitarrista dei Rolling Stones che in vacanza precipita dalle palme, ma il suo accento nasale è fuor di dubbio francese. Rotolato nelle umide foreste del Gabon sul finire degli anni ’70, è il primo viaggiatore occidentale che ha dischiuso alla pianta sacra dei Pigmei gli orizzonti di un business farmaceutico dai risvolti sempre meno underground: organizzando spedizioni fra le più remote tribù dell’Africa equatoriale, ma promuovendone anche usi e costumi attraverso l’associazione culturale da lui fondata (www.ebando.org), oggi Tata-yo è un punto di riferimento anche e soprattutto per gli health travellers. Turisti all’ultima spiaggia che, ormai a decine, arrivano ogni anno in Gabon attratti dalle misteriose virtù di un arbusto magnoliopside stracolmo di alcaloidi.

(Per consultare la versione dell'articolo sintetizzata sul quotidiano Lettera43

Farsi iniziare alla Tabernanthe Iboga rappresenta infatti un’eccezionale opportunità per disintossicarsi da qualunque dipendenza. I risultati sono sbalorditivi: basta ingoiare dai 300 ai 400 grammi di scorza di radice e, in circa 24 ore, i peggiori incubi svaniscono per sempre. Eroina. Cocaina. Nicotina. Alcool. Poco importa quale sia la droga che abbia velenosamente sedotto: promuovendo l’ossigenazione dei muscoli attraverso i globuli rossi del sangue, non solo l’iboga dispensa un effetto tonificante, ma “ripulisce” il cervello.

Il suo comportamento è analogo a quello della serotonina, prodotta dall’uomo stesso come neurotrasmettitore della calma e del benessere, concentrandosi soprattutto nell’area del cervelletto e nella parte inferiore del corpo olivare, ovvero le sedi che regolano l’apprendimento del movimento e l’orologio mnemonico. La zona di maggior interesse per le cure riguarda però il sistema limbico, che controlla il piacere e viene affetto dalle droghe procuranti dipendenza. Nel favorire la diminuzione dei livelli di dopamina negli spazi intercellulari, l’iboga, come per magia, comporta un azzeramento delle sostanze additive assorbite dal cervello e dà così modo di ricominciare la propria vita senza più alcuna preoccupazione per gli “sballi” del passato.

“Magia è un termine che dovrebbe mettere sempre in allarme i ricercatori farmaceutici – osserva Fulvio Gosso, psicologo di formazione psicoantropologica e vicedirettore della Società italiana per lo studio degli stati di coscienza (Sissc) – ma di fronte alla complessità dei meccanismi d’azione e alla rivoluzione commerciale che la pianta comporterebbe sul piano delle cure odierne, viene accantonata spesso e volentieri. O, peggio ancora, declassata a droga allucinogena. Benché negli anni ’60 si fossero già scoperte le sue proprietà terapeutiche, la campagna statunitense di messa al bando delle sostanze stupefacenti ha finito per colpire pure l’iboga, ostacolando una meticolosa ricerca scientifica sulle sue sbalorditive proprietà”.

A sorpresa l’Italia è uno dei pochi Paesi che non considera illegale l’ibogaina, ovvero la principale molecola responsabile delle disintossicazioni, ma in assenza di procedure riconosciute per il trattamento dei casi personali è quasi impossibile ottenere assistenza presso le strutture sanitarie. Al di là dell’apertura di qualche portale d’approfondimento (www.iboga.it, www.sostanze.info, www.samorini.it), l’informazione continua a latitare, agevolando quelle dubbie cliniche private che, sparpagliate come funghetti tentatori fuori dall’Africa, non chiedono mai meno di mille d’euro per trattamenti sperimentali. Non a caso, di tanto in tanto, finisce per scapparci il morto, gettando fango e ombre su una pianta che nel Continente Nero viene utilizzata da secoli senza aver mai avuto conseguenze letali.

“La radice dell’iboga non dovrebbe avere alcun costo – puntualizza Giorgio Samorini, il massimo esperto italiano di etnobotanica – dal momento che, in Gabon, così come in Cameroon o nella Guinea Equatoriale, è raccolta senza alcuna difficoltà nella brousse. Viene cioè considerata un dono della foresta e, come tale, partecipato a chiunque la rispetti. Così vuole il culto locale del Bwiti, fondato appunto sulla conoscenza dischiusa dal consumo dell’iboga, ma anche l’usanza tipica dei Pigmei. Già il fatto stesso di chiedere soldi per ottenere la radice dovrebbe insospettire quanti vanno in Africa per assumerla: è segno che qualcuno non rispetta il codice tradizionale, cercando di guadagnarci personalmente. Per questo motivo il prezzo varia spesso in modo discrezionale: talvolta pochi euro per acquistare solo un po’ di cibo e vestiario per il rito d’iniziazione, talaltre addirittura migliaia”.

Analogamente si comportano le cliniche private fuori dall’Africa, giocando più sull’ingenuità degli assistiti che sugli effettivi costi della filiera: tanto più che la radice d’iboga, in genere venduta a 25 dollari per 2 grammi, dovrebbe essere consumata fresca per mantenere tutte le sue proprietà e in base a quantitativi che solo i curatori africani conoscono esattamente. L’alternativa “occidentale” è rappresentata dalla somministrazione diretta di cristalli d’ibogaina, l’alcaloide isolato dalle radici e somministrato in fiale per via orale. Tenuto conto che le radici ufficialmente in circolazione sono solo quelle donate dal governo gabonese per finalità scientifiche, l’iboga non dovrebbe esser dunque quotata sul mercato, benché sempre più spesso venga trafugata attraverso il Cameroon e la Guinea Equatoriale.

“L’approccio occidentale - evidenzia lo stesso Tata-yo - non ha nulla a che vedere con la sapienza tradizionale africana e le sue finalità. Fa uso dell’iboga in modo desacralizzato e, a suo modo, distorto. I dosaggi della scorza d’iboga sono stabiliti dal nganga, il sacerdote-curatore che solo ne conosce i reali effetti, e la dispensa avviene sempre all’interno di una cerimonia volta a coinvolgere sia la dimensione spirituale che fisica dell’iniziato. L’assunzione di scorza di radice viene regolata a seconda delle reazioni e delle risposte dell’iniziato, dal momento che l’iboga agisce sul fisico intensificando la percezione dei sensi: scopo dell’iniziazione non è quasi mai la cura contro le dipendenze, ma la rivelazione del Bwiti, la conoscenza delle origini dell’uomo attraverso l’effettiva visione del proprio passato e dei propri antenati. Si tratta di un percorso religioso che porta alla morte rituale del soggetto ignaro del proprio destino, affinché rinasca a una nuova consapevolezza: non serve infatti guarire il corpo, se non si opera anche sulla dimensione psicologica”.

Conati di vomito, forti convulsioni e atassia non fanno che mostrare l’azione purificatrice della pianta sul corpo dell’iniziato, sempre presente a se stesso e, proprio per questo, ben distante dalla tipica dimensione ricreativa o immaginifica di certe droghe allucinogene. L’iboga non ha affatto un buon sapore, non è per nulla piacevole, perché più che una medicina viene considerata un veicolo di conoscenza. Di visione, appunto.

Temendo una sua eccessiva mercificazione, per quanto sia quasi impossibile coltivarla fuori dall’Africa, dal 2006 il Gabon ha deciso di riconoscere il sacro arbusto come patrimonio nazionale, vietandone l’esportazione non autorizzata. Eppure, proprio questa mossa di difesa ha iniziato ad alimentare il fenomeno dei viaggi curativi direttamente nelle foreste equatoriali, improvvisando sul posto dubbi guaritori dalle pretese assai venali, ma incentivando pure missioni di astute cliniche straniere quali l’Iboga House (www.ibogahouse.com). A farne le spese maggiori, in ultima istanza, sono però le popolazioni pigmee, derubate del loro sapere ancestrale senza neppur saperlo, minacciate dal disboscamento feroce delle proprie foreste, raggirate da governi faccendieri che, alla loro vista, ridacchiano ancora apostrofandole con l’espressione in voga fra i loro vecchi colonizzatori. “Monkey-men!”. Gli uomini scimmia. Crudele ironia, per coloro che sono forse i più fidi custodi delle nostre origini. 


domenica 8 luglio 2012

WOERTERSEE: IT'S PARTYTIME!


Le stelle sorridono al Drago. Non è solo l’oroscopo cinese a predirlo, ma il calendario estivo della capitale della Carinzia, la città che dell’enorme lucertolone sputafuoco ha fatto un simbolo e un motivo d’ispirazione per incantare i suoi visitatori. Come avviene ogni luglio da dieci anni a questa parte, il lido sul lago Wörter si trasforma in una prestigiosa passerella per “star” della musica e della televisione, arricchita da eventi di ogni sorta.

Se il Festival dei Cori inaugura la stagione sotto il segno della tradizione, con voci e parate in costume, a Klagenfurt ogni sera è partytime: bastino i nomi di celebri band d’intrattenimento come i locali Meilenstein o John Otti Band, per arrivare a veri e propri monumenti  della musica internazionale quali Shakin’ Stevens , re degli hits in Gran Bretagna negli anni ‘80, o ai tanti vip del jet-set teutonico: gli attori comici Oliver Pocher e Christofer Faelbl, il duo Waltraud&Mary, oltre a una serie di simpatiche caricature che, proprio per la marcata mimica dei loro spettacoli, sono riusciti a conquistare proseliti ben oltre i confini patrii.

In bilico fra mondo germanico, slavo e latino, Klagenfurt ha sempre un asso da giocare e sa bene come conciliare le esigenze del suo pubblico internazionale: la serena bellezza dell’ambiente lacustre, infatti, ha permesso alla città di essere eletta capitale austriaca delle manifestazioni sportive, inanellando uno dietro l’altro Golf Open, gare di triathlon, la spaventosa sfida degli Ironman (la più importante manifestazione europea per gli amanti delle perfomance atletiche estreme), per arrivare addirittura al torneo A1 di Beach Volley.

Non occorre necessariamente essere fan delle vacanze attive per immergersi e gustare lo spirito di Klagenfurt: erede di una ricchissima tradizione artistica, che già sotto l’impero asburgico ne fece uno dei cuori pulsanti della Mitteleuropa, la “Rosa del Wörtersee” trova sempre una scusa per celebrare i suoi vecchi e illustri ospiti: al compositore Gustav Mahler, che proprio nella sua casupola in riva al lago compose le maggiori opere fra il 1900 e il 1907, è dedicata ad esempio la kermesse di concerti “Woertersee Classics”, mentre l’estro della penna di Robert Musil o Ingeborg Bachmann rivive nelle Giornate della letteratura tedesca, palcoscenico per 14 nuovi autori le cui opere sono tradotte per il pubblico in ben otto lingue.

Grazie alla sua peculiare posizione di confine, Klagenfurt è sempre stata in grado di percepire con anticipo le correnti di pensiero che hanno attraversato l’Europa, dando vita ad una comunità assai più complessa di quanto lasci trasparire la sua impeccabile immagine rinascimentale: dietro le colorate facciate del centro storico, nelle intercapedini dei suoi lucenti viali lastricati, sotto l’impassibile sguardo del monumento dell’imperatrice Maria Teresa, una sottile inquietudine non ha mai mancato di donare allo sguardo dei suoi cittadini una profondità nietzschanamente abissale: non deve dunque stupire se proprio qui, dove il nuotare fra flessuosi canneti e larici profumati regala un senso di totale pace interiore, riescano a trovare spazio inusitati provocatori come Andy Wahrol o Hermann Nitsch. Al re della pop art è stata infatti dedicata quest’anno un’ampia rassegna delle sue opere più eclatanti, in barba all’altisonante stile Impero dello Stadtteather ove sono ospitate. Analogamente l’MMKK, ovvero il Museum Moderner Kunst Kaernter (museo d’arte moderna della Carinzia), non ha avuto alcuna difficoltà ad accogliere le creazioni del massimo esponente dell’azionismo viennese. Anche se questo significa gettare colore e sangue alle pareti, esibire nudità scandalose, mettere in croce i nostri idoli e dare sfogo orgiastico ai desideri.

Potenza e solennità del Drago, che impertubabile presidia la grande piazza del Rathaus, sostiene con aria di sfida la minaccia della mazza chiodata sulla sua testa, ricordando a tutti i visitatori che il fuoco delle sue fauci arde dentro di noi, prima ancora che nella minaccia al lindore della città. Nessuna sorpresa, allora, se abbandonando lo strepitio delle piazze Klagenfurt riveli il suo volto prudente e fortificato, attento sempre alla bellezza e all’eleganza, ma mai disposto ad abbassare la guardia. Il castello di Mageregg non è riuscito a nascondere del tutto i suoi fossati secenteschi; dal palazzo di Ehrental svettano torri dall’altezza sospetta; e qualcosa vorrà pur dire se il presidio di Harbach ha offerto un rifugio per le ragazze sino alla fine dell’Ottocento. Le decine di costruzioni nobiliari che punteggiano la periferia della città hanno solo cambiato volto e ritoccato gli stucchi, ma nelle loro stanze segrete ancora si vocifera di nemici alle porte e improvvise mobilitazioni di cittadini. É il destino delle città di frontiera: lontano dai rassicuranti saloni da ballo di Vienna, qui la storia ha sempre bussato per prima. Ha alzato la voce e levato la spada, o tentato con astuzia di recidere questa rosa eternamente in fiore: non smette di ricordarlo il solenne Monumento all’Unità della Carinzia, che nella piazza del Landhaus (Palazzo della Regione) offre rifugio a quell’aquila bicipite che indistintamente veglia su draghi sputafuoco e turisti dagli amori facili. 

EVENTI
Kaernten Ironman Austria, 1° luglio, per assistere sulle rive del Woertersee alla sfida dei più forti triatleti al mondo nel nuoto (3,8 km), nella corsa in bicicletta (180 km) e nella maratona (42,2 km) Notte delle Stelle, 14 luglio, presso il lido sul lago la più importante kermesse di spettacoli e concerti dell’estate carinziana Mostra su Andy Wahrol, sino al 9 settembre, vengono proposte più di 80 opere del maestro della pop-art presso la Stadtgalerie Mostra su Hermann Nitsch, dal 21 giugno al 9 settembre, il Museum Moderner Kunst Kaernten espone i provocatori capolavori dell’esponente dell’azionismo viennese Beach Volley Grand Slam, dal 17 al 22 luglio, sfida fra le star di A1 nei pressi del lido

CURIOSITA' 

Nudisti in fuga! Dopo anni di contenzioso, l’idilliaca oasi ornitologica di Maiernigg sul Wörtersee, nota per aver ispirato i componimenti di Gustav Mahler e i tuffi dei nudisti , è stata riconosciuta bacino naturale protetto Natura2000 (natura.org)

Il vaso di Pandora. A fine agosto Klagenfurt si trasforma nella capitale mitteleuropea della vasearia. Quest’anno, dal giorno 26 al 28, oltre 85 artisti daranno libero sfogo alle creazioni più curiose sulla Neuer Platz (toepfermarkt.keramik-mo.at)

L’altra sponda. Lo Stadtkrämer (stadtkraemer.com), noto locale gay di Klagenfurt, e il memoriale di Kottmannsdorf/Lambichl sono diventati gli estremi del pellegrinaggio agli ultimi luoghi visitati da Jörg Haider, leader dell’ultradestra

Una cittÀ galattica
Klagenfurt e astri sono legati da tempi molto antichi. Non a caso l’Associazione astronomica della Carinzia (avk.at) gestisce in città un planetario culturalmente molto vivace (quasi 2mila rappresentazioni all’anno) e possiede due scenografici osservatori nelle vicinanze, uno sulla collina di Kreutzbergl e uno su quella di Gerlitze. I cieli della zona risultano infatti di notevole luminosità, sia in estate che in inverno. Questa sensibilità per le meraviglie della volta va in parte ascritta all’astronomo Johann Tobias Bürg (1766-1834), che per molti anni lavorò presso l’Università di Klagenfurt e il cui nome è stato celebrato intitolandogli un cratere lunare. Memore della fama della città del Drago, un altro astronomo contemporaneo, Freimut Börngen, ha deciso di attribuire l’appellativo della capitale carinziana ad un asteroide scoperto nel 1973: il numero 19914. Avendone individuati oltre 500, per molto tempo ha però dovuto scegliere nomi piuttosto bizzarri per compiacere i burocrati dell’ex Germania Est.

la stella recisa
Con la recente scomparsa di Arnulf Wadl, cittadino onorario di Klagenfurt che nel 1950 contribuì personalmente al riavvicinamento dell’Italia all’Austria, i rapporti fra i due Paesi si sono fatti in realtà ancora più stretti. Il suo nome rimanda al prestigioso Volkstanzgruppe Edelweiss (edelweiss-dance.at), ovvero al gruppo di danze tradizionali della città che, sin dal 1936, è impegnato a promuovere i costumi contadini della Valle del Gail. Proprio nella città di Gorizia, oggi gemellata con la capitale della Carinzia, l’Edelweiss ottenne nel 1982 uno dei suoi titoli più importanti, vincendo la medaglia d’oro per l’Austria in un concorso che coinvolse ben 13 rappresentative nazionali. I suoi membri sono riconoscibili in quasi tutte le manifestazioni organizzate in città e in Friuli Venezia Giulia, grazie ai vistosi costumi risalenti ai tempi dell’imperatrice Maria Teresa e oggi in vendita anche nei pressi del Palazzo della Regione: sottane di lino, calze a punta e pantaloni in pelle di cervo a mezza gamba. L’Italia è particolarmente legata a questo gruppo anche per via del suo impegno in prima linea nella raccolta dei fondi a favore del Polesine, a seguito della storica alluvione del 1951.

IL CONSIGLIO
Martedì e domenica sono due giorni da riservare in via prioritaria al Benedektinermarkt, dove le specialità tradizionali della Carinzia vengono servite direttamente in tavola. Parola di Eva Wernig Pichler, giovane dottoressa presso l’ospedale di Klagenfurt, sempre attenta a cibi freschi e sani. “L’orario migliore è fra le 6 del mattino e le 13 – consiglia con vivo piacere – quando i contadini locali raccolgono sulle bancarelle i loro prodotti migliori. Difficile non concedersi un tandem d’assalto composto da birra e salsiccia, ma sin da piccola mio padre mi ha abituato al delizioso “Glundnerkaese”: un formaggio esclusivo della nostra zona, il cui aroma si concilia perfettamente col succo di mela e che viene ancor più valorizzato se servito su pane artigianale. Persino quando studiavo a Vienna non poteva mancare una scorta proveniente dal Benedektinermarkt”. Alla sera conviene invece spostarsi nel suggestivo Raj (http://www.innenhofkultur.at), uno dei nomi storici di Klagenfurt dove le note della cucina si fondono con quelle altrettanto tentatrici del jazz e del blues.