"Da quassù la Terra è bellissima, azzurra, e non ci sono confini o frontiere" (Juri Gagarin)

giovedì 20 maggio 2004

YORKSHIRE



LA "PACE" DELLE DUE ROSE

Che sia un "Cinnamon touch" o un "Peppermint twist", il té servito nei giardini dello Yorkshire avrà sempre ed inconfondibilmente un aroma di Britannia imperiale. Lasciatasi alle spalle i decenni dell’industria pesante, quando acciaierie, insediamenti estrattivi del carbone e aziende tessili dominavano l’economia, questa regione dalle verdi e brumose colline (meglio note come moors e dales) vive oggi un nuovo periodo di fioritura. In tutti i sensi, visto che la stessa città di Harrogate è stata di recente insignita di una medaglia d’oro nel concorso “Britain in bloom 2003”, divenendo poi finalista nella competizione internazionale “Europa in fiore 2004”.

Nelle sue vicinanze si incontra Harewood house, meravigliosa villa costruita da Edwin Lascelles oltre 200 anni fa, la cui ampia terrazza a due livelli apre una panoramica sulla campagna inglese già gravida di ricche promesse: in seguito ai restauri avviati nel 1994, minute siepi sono tornate a disegnare regolari spazi entro cui i fiori sprigionano arcobaleni di fantasia, i tassi slanciano gli schemi scenici, mentre la luminosità delle pareti della casa viene sfruttata per infondere il calore necessario alla crescita di enormi piante grasse. Il gusto classicheggiante della villa trova poi appagamento nelle quattro statue settecentesche di marmo che adornano gli estremi, rilanciando la prospettiva verso il fiero “Orfeo col leopardo” svettante al centro del terrazza. Il suo sguardo è puntato verso quell’orizzonte verde e fiabesco in cui prendono forma i tesori dello Yorkshire, primo fra tutti il giardino della Royal Horticultural Society “Harlow Carr”, 58 acri impreziositi da candelabri di primule, azzurri fiumi di campanule e fitti cespugli di essenze che avvolgono l’area di profumi talmente inebrianti, da perdere la testa.

Un costume molto diffuso in quest’area della Gran Bretagna, come narrano le pareti del Ripley castle, dimora della famiglia Ingilby da quasi settecento anni, nel cui stemma svetta orgoglioso il capo di un cinghiale all’abbattimento dell’animale, che nel 1355 minacciò di montare re Edoardo III durante una battuta di caccia, si deve infatti la fortuna degli Ingilby, insigniti dei massimi onori aristocratici in virtù del nobile atto dell’iniziatore della casata, Sir Thomas. Ma a parlare di storia e gesti epici sono pure i giardini che attorniano la proprietà, dove le piante esotiche dell’Orangery si avvicendano ad esemplari unici in tutto il Regno Unito, quali ad esempio un enorme castagno dal diametro di 27 pollici, risalente alla guerra civile inglese, una Wellinghtonia (o Sequoia) canadese del 1860, un faggio autorigeneratosi innestandosi sul proprio tronco aggrovigliato, tutti cresciuti fra gli edifici dei “botheys”, i giovani giardinieri non sposati che preservarono i “Pleasure grounds” attraverso i caratteristici sbarramenti di terra chiamati “Ha Ha”.

A solo mezz’ora di guida l’atmosfera medioevale di Ripley dissolve nelle ariose prospettive di Newby Hall, bellissima abitazione fatta costruire nel 1695 da Sir Edward Blakett e dal 1748 appartenente alla famiglia Compton: le memorie della guerra delle Due Rose, evocate da un pittoresco sentiero che vede opporsi le “rosse” di Lancaster alle “bianche” di York, sono presto inghiottite da cascate di gialli maggiociondoli e verecondi rododendri, incontrastati protagonisti di due parterre vittoriani, di un ampio “kitchen garden” e di altri pittoreschi spazi in cui si succedono, per 40 acri, le più svariate qualità floreali della Gran Bretagna.

Se Newby Hall è probabilmente il trionfo dell’eleganza britannica, uno dei rari siti capaci di incantare il mondo intero per bellezza ed armonia degli spazi, lo Studley Royal Water Garden di Fountain Abbey lascia ampio spazio all’intervento dell’uomo, avendo scavato nell’avvallamento di due alture uno spettacolare sistema di laghi a livello, che ripartisce gli spazi secondo lune d’acqua simmetriche in cui si specchiano le rovine di una pittoresca abbazia del 1132, portata alla chiusura e all’abbandono dai provvedimenti antiecclesiastici di Enrico VIII. Nonostante le imponenti vestigia settecentesche, anche Castle Howard è oggi votato all’innovazione: qui le essenze di un tempo vengono ripiantate periodicamente per ridare slancio alla grazia della proprietà, nota soprattutto per la straordinaria fioritura dei tre giardini di rose in giugno e luglio, ma anche per le giunchiglie, di cui sono state recentemente piantate oltre tre tonnellate di bulbi. Un’intera collina viene addirittura riservata per far crescere le essenze da trapianto, vigilate dalle plastiche statue che guidano ai tempietti di Venere e dei Quattro Venti.

Più che musei all’aperto, infatti, i giardini inglesi sono realtà dinamiche in cui la tradizione si adegua alla ciclicità della natura. Basti l’esempio del Walled garden di Scampston, disegnato di recente dal polacco Piet Oudolf secondo un modello a scacchiera: in esso ad ogni famiglia d’essenza è assegnato uno spazio proprio, con la possibilità di godere di una visione panottica del giardino da un’originale piramide erbosa alta 3 metri e mezzo, dalla quale si coglie pure l’attigua abitazione della famiglia Legard, insignita nel 2000 del titolo di miglior abitazione di campagna inglese. Perché la vera casa non ha mai pareti...

sabato 1 maggio 2004

QATAR




COMBAT POP

Il Qatar ha sempre esportato magnifiche perle nel resto del mondo, senz'accorgersi di essere lui stesso il monile più prezioso della penisola arabica. Un piccolo paese dai mari fiabeschi e dai deserti incantati, ricco e moderno, ma nonostante questo ancora sconosciuto al grande pubblico. Esattamente come una perla, il Qatar non è però per tutti. Qualora non si possieda un pozzo di petrolio, viverci diventa davvero arduo, checché ne dica l'emittente Al Jazira e il suo vulcanico emiro-presidente-imprenditore edilizio. Nulla a che vedere con le restrizioni della Sharia o le minacce terroristiche di alto tradimento: è solo questione di dollari. Qui la parola non è mai stata così libera.
Lo sa bene Nancy Ajram, la più famosa e seducente stella pop del mondo musulmano, intervenuta nel concerto per il 4° summit mondiale del turismo, ospitato a Doha.
Chi pensa che questa splendida ventenne libanese dagli occhi blu sia una semplice meteora dello show business si sbaglia di grosso: venduti milioni di dischi da Beirut a Riyahd, da Il Cairo a Teheran, e con soli quattro album alle spalle, è oggi probabilmente il personaggio arabo più discusso dopo Saddam Hussein.
A suo modo, infatti, Nancy sta portando avanti una rivoluzione non violenta, o se si preferisce una lotta d’emancipazione femminile, che raccoglie proseliti fra le donne di tutto il mondo mediorientale: canta senza velo, sperimenta irresistibili contaminazioni fra ritmi disco e musiche arabe tradizionali (come testimoniato dalla prima pubblicazione del 2000, “Ya salam”, alla recente fatica “Ah wi nus”), sfrutta sul palco la propria bellezza fisica come arma politica, al fine di offrire al gentil sesso un esempio di valorizzazione del proprio ruolo in una società ancora fortemente maschilista. Bastino le polemiche scatenate nel parlamento egiziano per la sua “provocatoria” esibizione a Il Cairo, avvenuta il 17 aprile scorso a fianco del cantante Enrique Iglesias.
Non è dunque un caso che la giovane cantante abbia scelto il summit per lanciare un messaggio di riconciliazione all’Occidente: posare per una foto in cui un esponente di origine araba ed uno di origine occidentale sostenessero insieme un petalo di rosa bianco, simbolo di pace e rispetto in Medio Oriente. Il suo personale regalo per la festa del 1° maggio.
Un invito per scoprire il mondo arabo da una delle sue porte d'accesso più accoglienti: nuovi itinerari sono in fase di elaborazione per esplorare il deserto su fuoristrada 4WD, equipaggiati per garantire un viaggio sicuro ma spettacolare su dune alte sino a 60 metri; fra queste si può sciare o semplicemente accamparsi per assistere a spettacoli tradizionali attorno al fuoco, mentre il tepore delle acque marine attende gli intrepidi che vogliono gettarsi alla ricerca delle perle o studiare la feconda vita ittica dei fondali, insieme a campi da golf di valore internazionale (le 18 buche del Doha Golf club ha ospitato nove dei più importanti campionati di disciplina) su cui scordare ogni affanno.
Le fortificazioni in fango di Umm Salal Mohammed, la necropoli di Umm Salal Ali risalente al terzo millennio a.C. o le tre torri circolari di Al Zubara sono solo alcune delle più importanti testimonianze storiche del paese, abitato sin dall’epoca neolitica e plasmato dalla vivace cultura beduina. Ma il Qatar guarda tanto al passato, quanto al futuro, visto che nel 2006 qui si svolgerà la quindicesima edizione dei prestigiosi giochi olimpici asiatici. E c'è da scommettere su chi sarà la testimonial della cerimonia inaugurale...