"Da quassù la Terra è bellissima, azzurra, e non ci sono confini o frontiere" (Juri Gagarin)

lunedì 1 settembre 2003

Da MOSCA A PECHINO/4




LA RINASCITA DEL BUDDHISMO

E’ davvero strano che i monaci buddisti, tanto sdegnosi nei confronti della parola, accolgano a braccia aperte i giornalisti. Evidentemente il proselitismo non è solo prerogativa delle religioni classiche, ma anche di chi ha rischiato di essere spazzato via dalla storia e solo oggi si accorge di quanta importanza possa avere l’eco della comunicazione di massa. Una comunicazione che in Russia viene tuttora monopolizzata dal governo e dalla chiesa ortodossa, pronti a spalleggiarsi nel soffocare una rinascita culturale dagli effetti etnografici destabilizzanti.
“L’interesse per la filosofia sembra più una moda che una scelta di vita in Occidente – polemizza Andrej Sandanov, lama di un monastero nei pressi di Arshan – visto che ogni battaglia per il Buddhismo e per la libertà di culto viene combattuta a livello internazionale quasi esclusivamente a favore del Tibet, portato alla ribalta da film come “Sette anni in Tibet” e da vip convertiti. Qui in Buriatia stiamo vivendo una fioritura ineguagliabile rispetto ad altre aree del mondo, ma non c’è un giornale o una televisione che ci dedichi un servizio”.
Nelle parole di Sandanov, un ingegnere che ha scelto di abbandonare pompe e circuiti per una vita di meditazione, risuona la rivendicazione di un diritto alla parola troppo a lungo messo a tacere dalle purghe staliniane. Prima dell’avvento al potere del georgiano, in Buriatia si contavano 46 alti monasteri (datsan) e circa 150 templi: in maggior parte distrutti, solo una risoluzione del Commissariato del popolo sovietico permise che il culto sopravvivesse nella sede di Ivolginsk, dove il 3 maggio del 1945 venne inaugurata “La ruota dell’Insegnamento, che porta felicità ed è piena di gioia”, cioè quel che oggi viene riconosciuto come il monastero madre del Buddismo siberiano. Proprio qui, fra le varie ricorrenze culturali, si celebra ai primi di luglio l’hural dedicato a Maitreya (il Buddha del futuro), una colorata processione per le campagne della zona che esibisce al popolo la statua consacrata al saggio.
“Stiamo ricostruendo e restaurando i vecchi datsan – aggiunge Sandanov – ora tornati ad essere circa una trentina, sotto la cura di cento lama, ma il governo non ci consente di avere una forma di organizzazione interna tale per cui la nomina del lama supremo (Chambo lama) possa dipendere solo dai lama eletti dal popolo, e non dal popolo stesso, manovrabile secondo gli interessi di Mosca. Siamo tuttavia fiduciosi che la nuova scuola di buddismo aperta ad Ivolginsk dal 1991 (anno sino al quale i lama si formavano solo in Mongolia) possa creare legami più solidi col tessuto sociale”.

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