"Da quassù la Terra è bellissima, azzurra, e non ci sono confini o frontiere" (Juri Gagarin)

venerdì 6 gennaio 2012

IL SANTO DI DOUALA




Tre lettere e il gioco è fatto. A Douala pronunciare il nome di Eto’o ha il potere taumaturgico di un’antica formula Akwa. Cancella le pozzanghere di fango che inghiottono le strade. Apre le acque del traffico. Porta luce e colore là dove il grigio più tetro ha imprigionato i sogni in colate di cemento armato. Poco importa se il figliol prodigo della più importante città camerunense non vesta più la gloriosa maglia dell’Inter, ma faccia miracoli sugli anonimi campi daghestani dell’Anzhi. A Douala tutti sarebbero pronti a seguirlo anche in capo al mondo, perché Samuel Eto’o ha smesso di essere un formidabile attaccante dal giorno in cui, poco più che ventenne, si librò in volo dal suolo africano per lasciare a bocca aperta l’Europa intera. Per molti è un mago sotto mentite spoglie, per altri un benefattore che trasforma in oro tutto ciò che tocca, qualcuno azzarda addirittura sia un santo.



“E’ semplicemente il mio ragazzo – taglia corto Ngongui Privat Patrice, 48 anni e un berretto da teen ager sempre in testa – il miglior attaccante che abbia mai selezionato fra le squadre di calcio camerunensi. Un genio del pallone. Veloce quanto un ghepardo e letale come un mamba. Per quattro anni ho avuto modo di seguirlo da vicino, lavorando come talent scout per la scuola di calcio Usb/Kagi, e giuro di non aver mai incontrato nessuno come lui. Quando l’ho presentato all’Avenir tutti pensavano fosse il solito campioncino di provincia, buono per una stagione o due, ma incapace di reggere le pressioni di un team di città. Beh, che dire? Ora l’Avenir milita in terza divisione, mentre Samuel siede sul tetto del mondo”. 





















Sorride con una punta di amarezza, Patrice. Seduto su una seggiola di plastica traballante, in uno sperduto cortiletto di Boulevard de la République, dà l’impressione del pioniere cui hanno soffiato sotto il naso la bisaccia d’oro. Proprio non gli va giù che il suo pupillo abbia sbancato in Francia, in Spagna e in Italia, senza che lui sia riuscito a riabbracciarlo almeno una volta durante le visite che periodicamente compie a Douala.
“Pensavo di riuscire a parlargli in occasione del match Camerun-Senegal – aggiunge Patrice – quando le due nazionali hanno pareggiato lo scorso marzo. Avvicinarlo, però, è diventato quasi impossibile. 

Lo trattano come una star, ma so bene che Samuel non si è dimenticato di nessuno di noi. Non può essersi dimenticato. Basta dare un’occhiata qui in giro: ogni pietra parla di lui e lui delle pietre fa ospedali, scuole per bimbi, centri sportivi”. Negli uffici della Fondation Eto’o e Fils, in Rue Joss, ogni giorno arrivano richieste per essere assistiti nel nuovo centro pediatrico di Laquintinie, finanziato tramite feste o partite di beneficenza messe in piedi dal giocatore; nel quartiere di New Bell, dove ha casa, sorgono club in suo sostegno come fossero funghi, dallo storico bar Parliament 9 al buffo Guiseppe Meaza, dipinto a strisce neroazzurre, o al piccolo mausoleo di Rue de Cameroon, dove il Barcelona Fan Club raccoglie cimeli della sua carriera. 


































All’ingresso di New Bell è stata innalzata addirittura una statua in suo onore, usata come rotonda per dare più che altro una svolta alla propria vita, mentre parrucchieri, bar ed esercizi commerciali dipingono il nome o l’immagine di Eto’o sulla prima parete libera, convinti che la sua buona stella strizzerà l’occhio anche su di loro. Eppure, basterebbe solo trovar la forza per dare un calcio alla fortuna.