LA STAMPA CHE TACE
Anni di giornalismo in Brianza e in Europa contano poco quando ci si confronta col mondo della stampa russa. Sul numero della rivista “Vokrufsveta”, pubblicato lo scorso luglio, era apparso un articolo di poche righe, che denunciava l’imminente costruzione di un centro per lo stoccaggio di materiali radioattivi, a pochi chilometri dalla città di Irkutsk, sul lago Baikal. Occasione troppo ghiotta perché potesse cadere nel vuoto; eppure in Occidente la notizia non è mai filtrata, mentre ha risvegliato in Siberia le vecchie voci critiche già scagliatesi negli anni '80 contro i progetti aboriti del Pcus. Convinto ad approfondire il caso da alcuni residenti di Irkutsk, che mi avevano fatto notare come la tutela del Baikal fosse compito di chiunque, in quanto patrimonio dell’Unesco sin dal 1996, prendo accordi con l’associazione ecologista “Baikal Wave” onde raccogliere materiale in esclusiva per la stampa nostrana. Lascio dunque i miei dati, in attesa di essere ricontattato dal responsabile alle relazioni pubbliche. Il giorno successivo si fa però vivo un rappresentante dell’Istituto per i Sistemi d’Energia d’Irkutsk, che saputo da un conoscente della mia intenzione di sviluppare interviste sul tema, mi propone un incontro dove possa trovare spazio anche l’opinione dei non-ecologisti.
All’appuntamento scopro che l’ufficio indicatomi si trova all’interno di un casinò, nel quale mi stanno attendendo sei persone non certo vestite in giacca e cravatta, dall’aspetto assai poco rassicurante. Entro nello stanzino rassegnandomi alle stranezze russe, senza accorgermi che la porta alle mie spalle viene chiusa a chiave. Inutile ribadire che sono un giornalista de “il Cittadino” di Monza e Brianza: i russi sono convinti sia un inviato del Moscow Times (una delle testate locali scritta in lingua inglese, la stessa che io parlo con loro) pronto a sollevare un polverone su un progetto “ancora in fase di definizione” e che “muove grandi interessi”. Il mio referente parla giochicchiando con un coltellino e mi sconsiglia di andare oltre, cosa che accetto supinamente, ma che non mi risparmia un pesante pugno dissuasivo nello stomaco, a fine discussione. Più tardi scoprirò come la stessa sede della “Baikal Wave” fosse stata perquisita il 22 novembre scorso dagli agenti dell’Fsb (i servizi segreti eredi del Kgb), poiché colpevole di possedere “una mappa che mostra le concentrazioni di uranio nell’acqua, attorno alla centrale elettrochimica “Angarsk” (l’affluente primo del Baikal), riconosciuta top secret dal governo, secondo un documento superato risalente al 1942!
Mentre le sorti del più grande bacino d’acqua dolce del mondo vengono giocate in segreto fra il Ministero per l’Energia Nucleare e la compagnia petrolifera Yukos, minacciando un ecosistema unico per forme di vita, purezza ed antichità (25 milioni di anni), l’unica voce di denuncia si leva da queste pagine.
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