"Da quassù la Terra è bellissima, azzurra, e non ci sono confini o frontiere" (Juri Gagarin)

lunedì 14 novembre 2005

DANZANDO CON GLI SCIAMANI/1




OLTRE LA YAKUTIA

Conquistare la Yakutia è molto più semplice nella realtà che a Risiko, gioco per il quale questa sperduta regione siberiana è riuscita a ritagliarsi l’unica notorietà di cui gode nel nostro Paese. Un italiano fra i suoi confini è un evento così straordinario da indurre ad aprire qualsiasi porta, persino quelle del Ministero al Turismo della sua capitale Jakutsk: è qui che lo scorso agosto ho infatti ottenuto l’autorizzazione ad inoltrarmi nelle parti più recondite del continente asiatico, dopo aver rassicurato rappresentanti di etnie quali gli Eveni, gli Evenki, gli Yukaghiri e i Ciukchi di non essere uno Yeti biondo, ma un “homo brianteus” in vacanza.

Estesa su una superficie di 3 milioni di chilometri quadrati alle appendici nord-orientali della Russia (quasi un quinto della sua superficie), la Yakutia si è così trasformata improvvisamente da leggenda in realtà: dopo aver anelato i suoi inverni impossibili, che nella cittadina di Oymiakon vedono scendere la temperatura oltre i 70 gradi (cifra record per un luogo abitato); dopo aver sognato della festa che il lappone Santa Klaus qui celebra ogni marzo col collega russo Den Moroz e a fianco di Chyskhann, il Signore dei Ghiacci; e ancora, dopo aver fantasticato attorno ai diamanti, all’oro e all’avorio delle mastodontiche zanne dei mammuth preistorici, intrappolati per millenni nella neve del permafrost, sono riuscito a tener fede alla promessa strappatami da uno sciamano buriato due anni prima. “Vedo un’aura dorata attorno al tuo capo – si era stupito nel darmi la benedizione al termine di un rito propiziatorio – è un segno: chiunque possieda una spiritualità tanto forte, è destinato a conoscere i segreti del Grande Nord. Lascia che il passo ti guidi lassù”.

Allora non gli diedi retta, proseguendo il mio viaggio lungo la ferrovia Transmongolica. Eppure, col passare del tempo, un richiamo sempre più forte mi ha attratto verso “quell’immensa distesa a est del cuore”, che il poeta francese Philippe Jaccottet ha così deliziosamente cantato nei suoi versi. Movendo dalla Mosca dei cosmonauti sovietici verso Yekaterinburg, la città ove il 16 luglio 1918 vennero giustiziati lo zar e la sua famiglia, quindi alla volta di Pokrovskoe, villaggio natale dell’ambiguo monaco Rasputin, sempre più in là, sino alla sperduta Jakutsk cosacca, questo viaggio a ritroso nella storia russa ha piano piano assunto le sembianze di un’inconsapevole regressione verso gli abissi dell’io, fagocitandomi nel pozzo del sapere da cui ogni cultura è scaturita: lo sciamanesimo.

Proprio attraverso un lungo apprendistato nelle tecniche sacre dell’estasi si è infine manifestato il senso di un’esperienza tanto estrema: non la mera riscoperta di uno stile di vita votato ad omaggiare le meraviglie della natura, come predicano le arrembanti mode “new age” che ciclicamente tornano nell’asfittico Occidente, bensì l’iniziazione ad una tradizione esoterica antichissima, propria dell’intero genere umano.

Lo scrittore Saint-Yves d’Alveydre ne ha parlato curiosamente in un’opera oggi ormai quasi dimenticata (“Mission de l’Inde”, 1910), l’ex funzionario menscevico Ferdinand Ossendowski ha acceso l’attenzione sui suoi aspetti più eclatanti (“Bestie, Uomini e Dei”, 1924), ma solo lo storico René Guenon ne ha probabilmente analizzato le implicazioni nel modo più lucido e coinvolgente (“Il re del mondo”, 1958): il mistero dei misteri, l’eterna fiamma che arde in ogni anima faustiana, risponde al nome di Agharti, l’inaccessibile mondo sotterraneo ove una schiera di dodici eletti regola le sorti della Terra sotto un’unica guida. Che si tratti di una potente rappresentazione simbolica delle leggi universali, o piuttosto di un vero luogo cosmico, solo rari iniziati hanno avuto il diritto di pronunciare l’ultima parola a riguardo: decine di esploratori ed archeologi, dall’intrepido Sven Hedin ai visionari di Himmler in forza all’Ahnenerbe, si sono affannati nel cercare l’accesso o le prove che attestassero l’autenticità degli indizi custoditi nei testi sacri di tutte le religioni storiche, dai Veda indiani alla Bibbia cristiana. I più sono morti sottoponendosi a rischi inconsulti; altri sono impazziti nell’impossibilità di venire a capo dell’enigma; solo alcuni hanno trovato la via per la discesa ad Agharti, ma mai più quella del ritorno. Tutti con la stessa certezza: la Yakutia è il luogo delle risposte.

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