LENSKY STOLBY
Al cospetto degli impressionanti torrioni del fiume Lena, colonne basaltiche del periodo Cambrico alte decine di metri, si ha l’impressione di essere giunti nel regno degli Elfi mostrato nel film “Il Signore degli Anelli”. Un alone di magia avvolge effettivamente queste straordinarie creazioni dei processi tettonici, sagomate da terremoti ed erosioni millenarie, così come dagli scalpelli dei cacciatori nomadi rifugiatisi fra le caverne qui dischiusesi. Le concentrazioni più spettacolari si trovano circa 200 chilometri a sud di Jakutsk, la capitale della Repubblica di Sacha fondata dai reggimenti cosacchi di Golovin e Glebov nel 1638. Incorniciano a mo’ di severi guardiani le rive del fiume Lena, che ghiacciando d’inverno rappresenta la principale via di scorrimento della Yakutia: grazie ad un letto esteso per 4.400 chilometri dal lago Baikal all’Oceano Artico, centinaia d’uccelli nidificano qui, mentre nelle acque del fiume vivono oltre 36 specie ittiche, fra cui il temuto “taimen”, il cosiddetto pesce-tigre (oltre che un enorme ittiosauro preistorico in un lago nei pressi della sua foce). Questa traiettoria, che mette in comunicazione le fonti vergini dei Monti Sayan a sud di Tuva, i monoliti a forma di ombelico presso Salbyk in Kakhassia, nonché le barriere rocciose del nord, pare ben più che un’autostrada naturale.
“I torrioni della Lena sono un sito sacro – mi ha ammonito uno sciamano locale, medico e guida spirituale per gli yakuti – tant’è che, inoltrandosi per le intercapedini della roccia, inevitabilmente affiorano pitture ed incisioni dedicate a dei ormai sconosciuti: sono i resti di una civiltà preneolitica a noi superiore, che, in coincidenza del Kali-Yuga (la quarta epoca di decadenza dell’umanità iniziata circa seimila anni addietro), pare essersi ritirata dalla superficie terrestre, rifugiandosi nelle cavità sotterranee di cui molte tradizioni narrano”. Si tratta di raffigurazioni talvolta sorprendentemente simili a certe saghe wotaniche preservatesi sulle pietre runiche della Scandinavia. Soggetti solari, che fra svastiche, frecce e coppe iniziatiche (dal soma degli Indù all’Haoma dei Persiani, sino al sangue di Cristo, una bevanda d’immortalità è quanto di più prezioso l’umanità abbia da sempre perduto), alludono segretamente ai misteri di Agharti.
Gli sciamani yakuti indicano questa località come uno dei punti più recettivi per la raccolta d’energia (analogamente a quanto avviene per altri sistemi rocciosi “line-up”, come Externstein in Germania), affinché sviluppando appieno la facoltà percettive del corpo si consegua la capacità di penetrare nei tre mondi in cui il cosmo è diviso.
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