“L’ultimo segreto delle piramidi non sarà mai trovato”. Parola di Zahi Hawass, l’unico e vero faraone che nessuna rivoluzione è mai stata in grado di rovesciare sul campo, almeno sino al fatidico 3 marzo scorso.
Siti archeologici danneggiati, minacce armate al personale di sicurezza, tesori razziati e, infine, la più infame delle accuse: quella di essersi impadronito ed aver nascosto reperti preziosissimi. Davvero troppo per chi, da quasi 50 anni, ha consacrato la propria vita allo studio della civiltà più enigmatica apparsa sulla Terra. Dopo essersi laureato in archeologia greca e romana all’Università di Alessandria, Hawass – classe 1947 – ha infatti setacciato per decenni ogni granello delle sabbie d’Egitto. Da Tuna el Gebel a Mallawi, da Sheik ‘Ibada ad Abydos, tutti i principali siti archeologici lo hanno accolto in qualità d’ispettore competente, incoronandolo infine supremo custode del più antico e misterioso dono delle acque del Nilo: la piana di Giza, con i suoi tre complessi funerari di Cheope, Kefren e Micerino, oltre all’irremovibile sfinge. Le recenti dimissioni del professore di Al-Ubaydiyah hanno però rotto un incanto che pareva eterno.
“Questi siti hanno davvero qualcosa di magico – confessa – perché sembrano mutare ogni volta che il sole tramonta. Di fronte a tanta bellezza, sarei pronto a dare persino la vita per preservare Giza, non solo dal rischio di danneggiamento e distruzione cui il complesso è oggi più che mai esposto, ma anche dal bieco interesse di quanti sono pronti a sfruttarlo per farsi pubblicità e cingersi di gloria. Ho provato due volte a scoprire cosa si celi dietro i condotti d’aerazione all’interno della Grande Piramide, ma sono solo riuscito a trovare le tombe dei costruttori dei monumenti, nonché l’importante corridoio di Osiride. Il mio più grande sogno resta allora quello di poter vedere oltre le loro porte, ma il futuro dell’Egitto rischia d’essere nuovamente inghiottito dalle sue sabbie millenarie”.
Senza Hawass, tutti i progetti per restituire a Giza il suo arcano fascino sono rimasti privi della loro naturale guida: al fine di eliminare il traffico delle automobili e i conseguenti danni derivanti dal loro inquinamento, nei mesi scorsi avevano infatti preso avvio i lavori per la creazione di una nuova strada che corresse attorno alle piramidi. Auto e bus si sarebbero dovuti arrestare all’esterno, consentendo l’avvicinamento al sito soltanto a bordo di mezzi elettrici, mentre nei pressi dell’entrata da Fayum Road era in programma la creazione di un centro visitatori, onde permettere ai turisti di documentarsi in modo approfondito prima di raggiungere le piramidi.
La seconda entrata prevista avrebbe dovuto invece favorire l’afflusso degli studenti e degli scolari, in relazione al centro educativo da allestire nelle sue vicinanze. Quanto agli edifici all’interno del nuovo anello, l’obiettivo del disciolto governo sarebbe consistito nell’eliminare tutte le strutture che ostruiscono la vista completa delle piramidi, così come l’ingombrante e fastidioso traffico dei cammellieri (consentito solo all’esterno).
“Lavorare nel clima d’insicurezza creatosi attorno ai siti archeologici è ora impossibile – riprende Hawass – ma in fondo tutto questo sembrava già scritto nella storia degli antichi, proprio su un papiro al quale stavo dedicando uno dei miei ultimi lavori prima della rivolta del 25 gennaio. Risale a 4000 anni fa e racconta il punto di vista sull’Egitto di un uomo chiamato Ipuwer: descrive una condizione di caos, in cui il povero diventa ricco e il ricco diventa povero. Parla di una donna che possedeva prima uno specchio e che ora non lo ha più, essendo costretta ad osservarsi nell’acqua. Nel regno d’Ipuwer il popolo depreda le piramidi ed ogni cosa capiti sottomano. Purtroppo non sono ancora arrivato alla conclusione della storia, ma sembra davvero di rivedere nel passato quello che sta avvenendo proprio ora in Egitto”.
Siti archeologici danneggiati, minacce armate al personale di sicurezza, tesori razziati e, infine, la più infame delle accuse: quella di essersi impadronito ed aver nascosto reperti preziosissimi. Davvero troppo per chi, da quasi 50 anni, ha consacrato la propria vita allo studio della civiltà più enigmatica apparsa sulla Terra. Dopo essersi laureato in archeologia greca e romana all’Università di Alessandria, Hawass – classe 1947 – ha infatti setacciato per decenni ogni granello delle sabbie d’Egitto. Da Tuna el Gebel a Mallawi, da Sheik ‘Ibada ad Abydos, tutti i principali siti archeologici lo hanno accolto in qualità d’ispettore competente, incoronandolo infine supremo custode del più antico e misterioso dono delle acque del Nilo: la piana di Giza, con i suoi tre complessi funerari di Cheope, Kefren e Micerino, oltre all’irremovibile sfinge. Le recenti dimissioni del professore di Al-Ubaydiyah hanno però rotto un incanto che pareva eterno.
“Questi siti hanno davvero qualcosa di magico – confessa – perché sembrano mutare ogni volta che il sole tramonta. Di fronte a tanta bellezza, sarei pronto a dare persino la vita per preservare Giza, non solo dal rischio di danneggiamento e distruzione cui il complesso è oggi più che mai esposto, ma anche dal bieco interesse di quanti sono pronti a sfruttarlo per farsi pubblicità e cingersi di gloria. Ho provato due volte a scoprire cosa si celi dietro i condotti d’aerazione all’interno della Grande Piramide, ma sono solo riuscito a trovare le tombe dei costruttori dei monumenti, nonché l’importante corridoio di Osiride. Il mio più grande sogno resta allora quello di poter vedere oltre le loro porte, ma il futuro dell’Egitto rischia d’essere nuovamente inghiottito dalle sue sabbie millenarie”.
Senza Hawass, tutti i progetti per restituire a Giza il suo arcano fascino sono rimasti privi della loro naturale guida: al fine di eliminare il traffico delle automobili e i conseguenti danni derivanti dal loro inquinamento, nei mesi scorsi avevano infatti preso avvio i lavori per la creazione di una nuova strada che corresse attorno alle piramidi. Auto e bus si sarebbero dovuti arrestare all’esterno, consentendo l’avvicinamento al sito soltanto a bordo di mezzi elettrici, mentre nei pressi dell’entrata da Fayum Road era in programma la creazione di un centro visitatori, onde permettere ai turisti di documentarsi in modo approfondito prima di raggiungere le piramidi.
La seconda entrata prevista avrebbe dovuto invece favorire l’afflusso degli studenti e degli scolari, in relazione al centro educativo da allestire nelle sue vicinanze. Quanto agli edifici all’interno del nuovo anello, l’obiettivo del disciolto governo sarebbe consistito nell’eliminare tutte le strutture che ostruiscono la vista completa delle piramidi, così come l’ingombrante e fastidioso traffico dei cammellieri (consentito solo all’esterno).
“Lavorare nel clima d’insicurezza creatosi attorno ai siti archeologici è ora impossibile – riprende Hawass – ma in fondo tutto questo sembrava già scritto nella storia degli antichi, proprio su un papiro al quale stavo dedicando uno dei miei ultimi lavori prima della rivolta del 25 gennaio. Risale a 4000 anni fa e racconta il punto di vista sull’Egitto di un uomo chiamato Ipuwer: descrive una condizione di caos, in cui il povero diventa ricco e il ricco diventa povero. Parla di una donna che possedeva prima uno specchio e che ora non lo ha più, essendo costretta ad osservarsi nell’acqua. Nel regno d’Ipuwer il popolo depreda le piramidi ed ogni cosa capiti sottomano. Purtroppo non sono ancora arrivato alla conclusione della storia, ma sembra davvero di rivedere nel passato quello che sta avvenendo proprio ora in Egitto”.
The doors are open, direbbe qualcuno, e se il negato sta per divenire il lecito, proprio Giza potrebbe riservare una risposta che l’umanità attende da tempi immemori. Gli archeoastonomi sono in fibrillazione. Ricercatori come Graham Hancock, Robert Bauval e Peter Lemesurier sostengono infatti che, con l’uscita di scena di Hawass, potranno finalmente riprendere gli studi sulle piramidi sino ad ora negati in nome della difesa delle teorie tradizionali. Da anni il loro obiettivo è quello di penetrare all’interno di una camera segreta, presumibilmente ubicata sotto le zampe della sfinge, dove sarebbero contenuti dati sconcertanti sull’origine della cultura egizia e la possibile esistenza di una civiltà prediluviana. Una stanza a suo modo descritta anche da Edgar Cayce, il primo formulatore della “teoria dello specchio” che, sotto effetto della trance, avrebbe visto perfettamente cosa viene nascosto dalla sfinge. I complessi piramidali rifletterebbero infatti la costellazione di Orione sulla Terra: a quanto pare, la chiave di volta per svelare le origini nebulose dell’uomo, che già i rilevamenti condotti agli inizi degli anni ’90 dall’ingegnere tedesco Rudolf Gadenbrick avevano spinto nella direzione dei cieli.
Grazie all'impiego di un robot sonda, chiamato Upuaut, l'esplorazione dei condotti d'aerazione della Grande Piramide non avrebbe rivelato solo la presenza di ulteriori camere nascoste, ma anche attestato l’uso delle piramidi come osservatori astronomici per prevedere i cicli di rinascita della Terra. Con una posta in gioco talmente alta, nessuna sorpresa se i ricercatori abbiano ormai fretta di scavalcarsi l’un l’altro: alle soglie del 2012, forse l’uomo è davvero vicino a conoscere l’inizio della sua fine.
Eppure la verità così ostinatamente, ossessivamente cercata dalla scienza, potrebbe in fondo rivelarsi la medesima che Hawass sostiene dimori da sempre nel silenzio del deserto egiziano, quando ci si siede a sud delle piramidi. Che sia poi all’alba o al tramonto, poco conta. Nella rivoluzione di Ra, il dio Sole, è soltanto il circolo dei perché a chiudersi definitivamente su se stesso.
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