Un incantesimo. Forse un sortilegio della misteriosa fata delle nevi, che le locali leggende vogliono celata fra Chapütschöl e Munt Pers. Non si spiegherebbe altrimenti il perché di un paesaggio simile, improvvisamente capace di farsi cristallo puro. Né il sinistro nome delle montagne. Diavolezza.
Alle porte di St. Moritz il leggendario trenino rosso del Bernina invita ad affondare lo sguardo in cerca d’appigli. Fuori dal finestrino, non un granello di polvere. Non orma umana osa calcare il bianco manto che tutto inghiotte. Lassù, un blu così intenso, da apparire semplicemente inscalfibile. Quasi si fosse stati catturati in una di quelle sfere magiche ove basta il capriccio di un bimbo per scatenare una bufera, o il sussurro di una madre per assopire l’ineluttabilità del fato.
Viaggiare sui vagoni panoramici del “Kleine Rote” risveglia meraviglie d’altri tempi. Di un’età remota e fantastica, in cui il sogno sapeva scatenare da un momento all’altro l’esuberanza poetica della realtà, spingendo a scavalcare gli ostacoli più arditi sino al raggiungimento dei luoghi dell’impossibile.
A cent’anni esatti dalla scommessa di un manipolo d’arditi ingegneri svizzeri, la magia è ancora intatta. Fra Tirano e St. Moritz si snoda infatti uno dei tratti ferroviari più scenografici al mondo, cui nel 2008 è stato riconosciuto non a caso lo statuto di Patrimonio Unesco (includendo l’estensione sino a Coira). Per 122 chilometri si alternano riserve naturali, città storiche e amene località di folklore elvetico, sfidando senza troppa tema le leggi della fisica; e se 55 gallerie o 165 ponti non sono sufficienti per mozzare il fiato, di fronte alla tecnica di risalita “elicoidale” del leggendario trenino rosso non resta che inchinarsi al prodigio: l’asserpentamento della ferrovia nei pressi di Brusio, a scartamento ridotto e in assenza di cremagliera, è potenza allo stato puro. Brividi il toccare quota 2.253 metri stando comodamente seduti in una carrozza panoramica. Sono emozioni che, nel migliore dei casi, attanagliano una sola volta nella vita, fanno battere il cuore come al primo bacio. Eppure la Ferrovia Retica hanno saputo trasformare questa conquista titanica in una favola giornaliera dalle immancabili tinte gotiche.
I bimbi trepidano, con gli occhi sgranati sui boschi. Gli amanti si stringono forte. Dalla Val Poschiavo all’Engadina si aggira un vero e proprio mostro, il “Bernina Ungeheuer Xrot d9213”, lo spazzaneve automatico che sbuffa vapore come un drago e sa tener testa alle situazioni climatiche più estreme. E’ grazie a questo gioiellino tecnologico che la tratta resta sempre sgombra da impedimenti, garantendo un servizio ininterrotto lungo tutto l’anno. Sia nella morsa dei ghiacci, che fra i pascoli in fiore, o ancora durante i fatui fuochi dell’autunno. I giapponesi ne sono rimasti talmente colpiti, che già nel 1912 giudicarono la ferrovia del Bernina la migliore al mondo e decisero di sfruttarne i ritrovati ingegneristici per aprire al turismo l’ostica regione dell’Hakone, a sud di Tokyo. La linea nipponica ivi costruita risulta tutt’oggi l’unica ad aver adottato pedissequamente gli standard svizzeri, ragion per cui le due tratte sono gemellate dall’ormai lontano 1979. Questo spiega anche l’apparente bizzarria dei cartelli segnaletici alle stazioni di St. Moritz, Alp Gruem e Tirano, tradotti un po’ a sorpresa in giapponese, così come il nome assegnato ad uno dei veicoli a trazione svizzeri: Hakone, appunto. Il Sole all’Alba. Il Sol Levante.
Prima di diventare una tratta di culto, la linea Tirano-St. Moritz fu però una necessità: per gli antichi salmeristi, i militari addetti ai carri da rifornimento, il Bernina rappresentava l’asse nord-sud cruciale per il trasporto delle merci e spesso i blocchi dovuti alle intemperie comportavano conseguenze nefaste sulla vita della regione. Grazie ai vivaci rapporti fra Valtellina e Grigioni si tentò costantemente di migliorare i tempi di percorrenza lungo le vie di comunicazione locali e, quando in Europa le diligenze iniziarono a cedere il passo ai primi prototipi di treno, la soluzione apparve chiara: anziché ricorrere alle locomotrici a vapore, si sarebbero sfruttate le virtù degli elettrotreni, alimentati dalla centrale di Brusio. Fra il 1904 ed il 1907 si diede quindi avvio ad una serie d’impianti installati per la Valposchiavo, forti dell’enorme bacino idrico offerto dal lago Bianco e di un capitale d’investimento privato di 12 milioni di franchi svizzeri. Solo dal 1943 la tratta divenne proprietà delle Ferrovie Retiche, che molto s’adoprarono affinché la sicurezza si sposasse all’economicità, permettendo di percorrere l’originaria tratta Tirano-Samedan in appena due ore (quando un tempo ne occorrevano nove) e di estendere via via la linea sino ai confini del Paese.
Presto ci si rese però conto che il massiccio del Bernina, così come il ghiacciaio di Palù o i mulini di pietra di Cavaglia, rappresentavano qualcosa di ben più suggestivo che una fugace cornice. Se oggi la linea conta una media di 700mila visitatori all’anno, non è certo per la sola comodità del trasporto.
A Brusio il treno compie un giro ipnotico di 360 gradi per superare un dislivello di 20 metri, scivolando su nove arcate vertiginose; più avanti, a Poschiavo, vetusti palazzi e cantine avvinazzate introducono in un remoto regno medieval-rinascimentale, sfuggito all’incalzare della storia. Il bacino delle Marmitte dei Giganti, ad appena 200 metri dalla stazione di Cavaglia, pare alludere invece ad un’epoca mitica e remota: impressionanti cavità fluvioglaciali sono affiancate da igloo di sassi, i cosiddetti grotti, insieme ad enigmatici reperti d’archeologia industriale e testimonianze sulla coltivazione in altura del grano saraceno. Là dove le acque del Lago Bianco e del Lej Nair (Nero) si gettano nel Danubio, alle spalle del Bernina, ecco un balzo nella Mitteleuropa: il romancio cede il passo al tedesco, con la stessa irruenza con cui il ghiacciaio Morteratsch giganteggia sul parco naturale dello Zernez. Qui St. Moritz si offre come alcova ideale per esplorare l’intonsa valle di Rosegg, ove l’accesso è consentito solo in carrozza e presso cui si trovano romantiche spa, o semplicemente per lanciarsi con lo slittino sotto le stelle del Bergün.
Nel lento incedere del trenino rosso, nel suo inarrestabile passo di fronte allo sgomento della natura e alle pagine del tempo, l’uomo d’oggi torna dunque a scoprire una dimensione dell’anima più intima, più originaria. Il suo anelito ad oltrepassare il limite senza però smarrire l’equilibrio, a non rassegnarsi mai a quella sorte che solo i timorati chiamano destino, ma gli eroi fato: una linea rossa come la passione. Come la bandiera che svetta sulle cime dell’inarrivabile. Lassù, sul tetto d’Europa, fatto di neve ed acciaio.
CENTO ANNI IN 365 GIORNI
Un anno senza soste per il Bernina Express. A partire dal “Viaggio al chiaro di luna”, in programma il 29 gennaio a St. Moritz, per arrivare allo spettacolo gastronomico-teatrale “A cena con la storia”, fissato per il 4 dicembre, numerosissime saranno le iniziative per celebrare i 100 anni della linea. Alcune di esse saranno fra l’altro ripetute periodicamente, onde offrire a tutti gli affezionati del trenino rosso la possibilità di apprezzarle con calma, qualora le prenotazioni o i biglietti si esaurissero troppo in fretta. Il programma completo è già disponibile sul sito tematico www.mybernina.it, o consultando direttamente il portale delle Ferrovie Retiche (www.rhb.ch). Tre le date chiave da fissare, dal momento che i festeggiamenti si sono di fatto aperti a St. Moritz, col viaggio promozionale di metà gennaio: l’8 e il 9 maggio i riflettori si accenderanno su Tirano (seguendo il tema “il treno delle vette”), quindi il 18 ed il 20 giugno a Poschiavo (“il treno delle feste”), per spostarsi infine il 18 ed il 19 settembre a Pontresina (“il treno delle escursioni”). Le iniziative di queste giornate speciali verranno rivelate a ridosso della singole feste, ma in ogni caso saranno sempre previsti momenti di approfondimento storico con mostre fotografiche a tema e viaggi su vagoni d’epoca. Fra le chicche, anche la possibilità di salire sul famoso “Mostro del Bernina”, lungo la tratta Morteratsch-Alp Gruem o Cavaglia-Ospizio Bernina (27 febbraio). Grazie ad esso, i passeggeri potranno sperimentare in prima persona la lotta contro i ghiacci. I “viaggi al chiaro di luna” prevedono invece intrattenimenti di bordo con leggende locali, accompagnate da musica classica in sottofondo, assaggi enogastronomici e naturalmente vagoni illuminati solo dalle stelle.
CARROZZE PER TUTTI I GUSTI
La più famosa è la “carrozza panoramica”, con finestrini avvolgenti, ambiente climatizzato, collegamenti elettrici ed auricolari esplicativi. Il parco carrozze delle Ferrovie Retiche si presta però a fantasie d’ogni sorta: dai modelli cabrio per il periodo estivo a quelli a vapore, in stile Belle Epoque o attrezzati a mo’ di ristoranti in movimento, gli esempi di sprecano. C’è addirittura l’elegante Starck, con poltrone in alcantara e mobilio design, oppure la Bucunada, per avventure gastronomiche in linea con la cucina locale dei Grigioni. Chiunque desideri riservare la carrozza dei propri sogni non deve far altro che inoltrare la richiesta con un po’ d’anticipo, rivolgendosi alle biglietterie ufficiali, ed ogni soluzione sarà presto a portata di mano.
I più intrepidi hanno la possibilità di viaggiare nelle cabine-guida della locomotiva, spalla a spalla col capotreno, anche se l’offerta più popolare resta quella in vigore sino al 30 aprile prossimo, denominata “Magia d’Inverno”: questa prevede il trasferimento a Coira da una stazione ferroviaria svizzera a scelta, il viaggio sul Bernina Espress fra Ambula e Bernina, nonché un pranzo a base di pizzoccheri di Poschiavo con mortadella e salametti, un bicchiere di vino Veltliner o di birra alla spina presso lo storico hotel Albrici (del 1682), con souvenir omaggio e rientro.
Il 2010 passerà però alla storia per il debutto dei nuovi elettrotreni “Allegra”, il cui frontale si ispira al capo di uno stambecco (simbolo ufficiale dei Grigioni). Carrozze sempre più integrate con l’ambiente circostante, per una ferrovia ad impatto zero.
A SCUOLA DI ECOLOGIA
Percorrere la tratta del Bernina non significa solo godere di paesaggi incredibili. Quasi ovunque sono infatti presenti minicircuiti trekking lungo i quali cimentarsi durante le tappe dell’itinerario ferrato, imparando cosa significhi davvero produrre energia pulita. Il sentiero didattico più immediato è quello allestito attorno al Lago Bianco, in coincidenza della fermata Alp Gruem: in meno di due ore e mezza permette di spingersi dall’Ospizio Bernina alle marmitte di Cavaglia, apprendendo come si possa ricavare energia dal letame, o sfruttare l’idraulica con risorse analoghe al solare. Volendo integrare questo primo percorso, curato dalla società Raetia Energie, ci si può trattenere presso le centrali elettriche di Valposchiavo, ubicate una a Palù e l’altra Cavaglia. I due impianti consentono di osservare direttamente l’interazione fra pompe, generatori e turbine, ma anche di accedere – via funicolare – all’interno di una condotta profonda 800 metri.
Chi avesse interessi più storici, non verrà invece deluso dal circuito a ridosso del confine italiano, fra la stazione di Brusio e quella di Tirano: in questi territori si snodava infatti l’antico sentiero dei contrabbandieri italo-svizzeri, sino agli inizi del secolo scorso impegnati nel traffico di caffè e sigarette. Opportunamente segnalato, il percorso non richiede più di due ore e mezza, alternando rifugi abbandonati, stazioni di controllo e profumati vigneti.
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