Se esiste un frutto da sempre capace di sedurre l’immaginario dell’uomo, questo è la mela. La ritroviamo nel giardino dell’Eden come simbolo della conoscenza e del peccato; è il dono con cui Paride celebrò la bellezza della dea Afrodite, omaggiandola addirittura di un esemplare d’oro; rappresenta il punto di svolta del pensiero scientifico, avendo avuto l’onore di colpire la testa di Isaac Newton mentre rimuginava sulla teoria della gravità universale. Gli episodi di colore abbondando e sarebbe quasi un torto non ricordare che proprio una mela fu il frutto utilizzato da Guglielmo Tell per provare la sua abilità con l’arco, ponendola coraggiosamente sulla testa del figlio, o il mezzo di cui si servì la strega cattiva per sbarazzarsi di Biancaneve.
Le sue origini sono infatti antichissime, dal momento che pare fosse consumata già in epoca Neolitica nei territori dell’Asia centrale: oggi se ne contano al mondo oltre 2000 varietà. Un numero impressionante, ma che lascia ben intuire la sua adattabilità a qualunque stagione, per quanto richieda la presenza di specifici impianti nel momento in cui superi il periodo naturale di maturazione, cioè a cavallo fra la fine di agosto e la metà di ottobre.
Non deve stupire, dunque, se in Svezia sia stata addirittura fondata una “Casa delle mele”, dove non solo è possibile conoscere gli aspetti più sconosciuti di questo strabiliante frutto, ma seguirne tutte le fasi di coltivazione e rielaborazione per le finalità più disparate. La “Appletshus” (www.appletshus.se) si trova nella ridente cittadina di Kivik, sulla costa orientale della Scania (Svezia meridionale), proprio a ridosso delle spiagge di sabbia bianca del parco nazionale Stenshuvud. E’ suddivisa in 10 aree tematiche attraverso le quali si spazia nell’universo della mela sia dal punto di vista agricolo che culturale, potendo osservarne in presa diretta anche le varie fasi di lavorazione per ottenere sidro, limpidi succhi, creme o prodotti alcolici.
Usi dettati dalla sua notevole ricchezza di vitamine, ma anche per il fatto che, all’interno della buccia e della polpa, sia presente un alto numero di terpeni in grado di variarne infinitamente il profumo così come il sapore, contribuendo dunque ad esaltare le sue virtù seduttive. Non da meno sono poi le proprietà terapeutiche (basti ricordare il proverbio: “una mela al giorno leva il medico di torno”), visto che il succo di mela strofinato sulla pelle agisce da rassodante, mentre se mischiato con succo di limone contribuisce al suo schiarimento. Tagliata a pezzi e cotta in mezzo bicchiere di latte la mela serve invece come antirughe, a differenza di quando viene usata a fette crude, ideali per tonificare la pelle mediante una maschera da tener applicata almeno 45 minuti (se la mela viene poi grattata e unita a miele e yogurt, infonde vitalità a pelli secche o spente).
“La “Appletshus”” si apre con una stanza dedicata alle conserve storiche di mele e delle bacche ad esse spesso abbinate – illustra Charlotte Van Engelhardt, responsabile comunicazione per la struttura - andando quindi a focalizzare l’attenzione sull’epopea della famiglia Aakesson: quattro generazioni fa, attorno al 1888, il capostipite Henric (che porta il nome dell’attuale erede) decise infatti di seguire i consigli del padre della botanica Carl von Linné, piantando i primi meli in una regione dall’intensa luce. La ricchezza di minerali del suolo e i lunghi autunni fecero sì che l’intuizione si rivelasse quanto mai feconda, tant’è che qui fiorì presto una produzione dal peculiare aroma che guadagnò fama in tutt’Europa”.
Il sito odierno non è che l’estensione e l’ampliamento dell’originale, via via arricchitosi negli anni di nuove meraviglie: nel “giardino della cultura” si possono infatti trovare meli risalenti agli inizi del 20° secolo, come il “Signe Tillish” o il “Blenheim Orange”, ma anche un esempio di “pianta delle malattie”, onde mostrare le conseguenze dell’esposizione ai rodilegno, al fuoco batterico (Ervinia Amylovora) o alla ticchiolatura, che insieme ai batteri oidio e afidi sono fra le principali cause di malattie dei meli (qui combattute solo con metodi naturali, quali l’impiego di coccinelle per mangiare insetti parassitari e batteri, o ferormoni capaci di tenere lontano i predatori in virtù dell’odore rilasciato). Il cuore del giardino è però la “Collection Orchard”, un’area verde dove sono coltivate 70 delle migliori varietà di mele, fra cui un’apposita pianta da “appartamento” che cresce solo in verticale, proprio per ovviare ad eventuali problemi di spazio.
Le varie sezioni sono collegate da “percorsi aromatici”, le cui pareti sono cioè composte da erbe deputate a creare delle barriere naturali contro i freddi venti invernali, ma anche da piante decorative come il melo “Professor Sprenger” (noto per i suoi bellissimi fiori rosa in primavera e per i suoi frutti dal raro colore arancione) o i peri “Bonnie Louise”, risalenti addirittura al 1825.
E’ comunque all’interno della “Appletshus” che si possono comprendere meglio le fasi di sviluppo e lavorazione delle mele, grazie all’esposizione dei macchinari utilizzati per ricavarne succhi integri in tutte le loro proprietà naturali, o per la presenza di spazi dove concedersi saggi di degustazione che oggi coinvolgono anche il settore gastronomico ed enologico (ci sono piatti esclusivi e torte a base di mele, ma anche vini di mele, di pere e d’uva ricavati da una qualità toscana del Chianti). Non mancano infine aree espositive dove vengono allestite mostre tematiche o conferenze (l’auditorium a disposizione può contenere 100 persone): fino al prossimo autunno, ad esempio, sarà possibile ammirare gli splendidi ritratti del fotografo francese Francois Gillet, i cui scatti dedicati alla transitorietà dei frutti sono raccolti sotto il titolo “Gioielli del mio giardino”.
“La “Casa delle mele” ha acquisito fama internazionale – riprende Van Engelhardt - per il suo ruolo chiave nel lanciare sul mercato nuove varietà o succhi arricchiti di proprietà salutari, grazie al contributo di rare bacche importate e coltivate poi in sede. Fra le protagoniste di questa stagione spicca la “Japanese Quince” (Chaenomeles japonica), una sorta di mela-limone molto dura, il cui colore può digradare dal giallo chiaro all’arancio scuro, molto apprezzata per marmellate e liquori. Notevoli sono poi i succhi a base di “Havtorn” (Hippophae Rhamnoides), una bacca arancione originaria della catena montuosa siberiana dell’Altaj, che i monaci tibetani iniziarono a raccogliere dopo aver notato quanto i loro cavalli ne fossero ghiotti (da qui l’origine del nome latino). Il suo succo, mescolato con quello della mela, è un provato ricostituente, tanto da esser stato considerato per secoli un elisir di lunga vita”.
Imperdibile, infine, è l’appuntamento tradizionale che va in scena l’ultima settimana di settembre e di cui quest’anno cade il 20° anniversario (www.kivikmusteri.se): un festival della mela che prevede un concorso di pittura dove i colori non sono altro che le varietà del frutto. In omaggio alla figura di Linneo, di cui si celebrano nel 2007 i 300 anni dalla nascita, è stato fra l’altro realizzato un ritratto che si avvale di ben 4mila mele. Parallelamente la comunità di Kivik assegna un prestigioso riconoscimento internazionale, la “mela d’oro”, a quanti si sono impegnati a realizzare progetti od iniziative utili a promuovere il frutto nel modo migliore. Fra i nomi entrati negli annali della manifestazione, spiccano quelli del noto cuoco Jan Hadt di Mälmo (2004) o del regista locale Richard Habert (1999). Perché “il tempo delle mele” non dura solo una stagione.
TAPPE DELL’ITINERARIO LINNEANO
La Appletshus di Kivik è la tappa più settentrionale di uno dei tanti itinerari botanici che, in occasione dell’anniversario di Linneo (1707-1778), è stato individuato a cavallo fra Danimarca e Svezia. Come anticipato nel precedente numero di Greenstyle, questa fu infatti la regione in cui maggiormente viaggiò il famoso botanico, passato alla storia per aver ideato il metodo di classificazione scientifico tuttora in vigore.
Il minitour comincia nel giardino botanico dell’università di Copenhagen (www.botanic-garden.ku.dk), fondato nel 1870 su una superficie di 10 ettari. Avendo inglobato nel tempo gli antichi bastioni della capitale danese, oggi questi fanno da suggestivi rilievi per la crescita di piante alpine e calcicole, benché qui siano coltivate a rotazione annuale più di 1.200 specie, su un totale di 20mila: fra gli esemplari più spettacolari, spiccano l’Haplopappus Glutinosus (Argentina), il Meconopsis Grandis (Himalaya) e la bellissima Primula Bulleyana (Cina), senza dimenticare l’ironico “cuscino della suocera”, un cactus “Aeonium” delle Canarie. Interessante anche la sezione delle piante terapeutiche, che vede nel Catharanthus Roseus uno dei rimedi più apprezzati per la prevenzione del cancro.
Risalendo verso nord, oltre l’avanguardistico ponte sullo stretto dell’Øresund, si passa in territorio svedese, dove ad attenderci sono la pittoresca cittadina medioevale di Lund (www.lund.se) ed il suo museo “Kulturen”, fondato nel 1892, il secondo più antico del mondo (il primo si trova a Stoccolma). Qui Linneo compì i suoi primi studi e, grazie alla ricostruzione architettonica attuata nel museo dal suo ideatore Georg Karlin, è possibile farsi un’idea di come fosse la città nei secoli addietro. Case trabeate in legno sono raccolte secondo le suddivisioni sociali dell’antico parlamento svedese: ci sono modelli che richiamano le abitazioni nobiliari, del clero, dei borghesi e dei contadini.
Ci si sposta quindi verso nord-ovest, per raggiungere l’importante città di Helsingborg, dove si staglia il castello di Sofiero (www.sofiero.se), un tempo residenza estiva dei sovrani svedesi ed oggi parco botanico apprezzato soprattutto per le sue collezioni di rododendri (introdotti in Europa proprio da Linneo). Benché risalente al 1864, l’attuale aspetto con torri e pareti luminose si deve ai lavori portati avanti agli inizi del Novecento sotto il principe Gustavo Adolfo: per l’anniversario del grande botanico è stato ricreato un tipico giardino del XVII secolo, mentre gli interni del castello sono stati arredati con essenze vegatali e floreali.
Sempre ad Helsinborg si trova il suggestivo museo-giardino Fredriksdal (www.fredriksdal.se), dove simpaticissime guide in vesti settecentesche conducono alla scoperta di uno dei più ricchi roseti di Svezia, ma anche di un orto strutturato secondo i principi di classificazione linneana e dotato di uno spazio ludico-propedeutico per i più piccoli. Districandosi fra erbe afrodisiache e velenose, è possibile compiere un viaggio a ritroso nel tempo, osservando l’evoluzione dei giardino sino al 1600.
L’itinerario si chiude con due tappe a Aahus, grazioso porticciolo dove risiede la fabbrica originale dell’Absolut Vodka svedese, e Ystad, roccaforte medioevale con una delle più imponenti cattedrali in mattone cotto, dotata di un giardino botanico al suo interno. Fra le due si trova appunto Kivik e la Appletshus, nonché il giardino-ristorante Olof Viktors (www.olofviktors.se), ma chi avesse tempo può sostare nei tantissimi garden della regione, presentati in dettaglio sul sito www.skane.com.
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