L’Italia da dietro le quinte. Con
la pubblicazione del suo romanzo “Teleamore” (clicca qui per il trailer), poco più di un anno fa la
giornalista russa Tanya Alehina aveva messo a nudo vizi e virtù del Belpaese,
ricorrendo alla sottile ironia narrativa del linguaggio da notiziario. Pronta a
rientrare fra i confini tricolore e in fase di stesura di un nuovo libro, oggi
ci spiega perché, nonostante tutto, la Russia continui a guardarci con molto
amore. Lo stesso amore che da dieci anni spinge Tanya a tornare in Italia non
appena possibile, sia come ospite speciale del TG2 che di Sky TG24, talvolta
nelle vesti di corrispondente per alcuni magazine di prestigio, fra cui “Italy.
Made in Italy”. E’ conduttrice televisiva a San Pietroburgo, scrittrice ma
anche modella, tanto da far pensare che il celebre aforisma di Dostoevskij sia
stato scritto appositamente per lei: “la Bellezza salverà il mondo”.
“Teleamore” è un romanzo che lascia emergere una visione critica con
cui gli italiani faticano spesso a fare i conti. E’ stato frutto di passate
esperienze personali, oppure ti ha offerto una base di riflessione per
comprendere meglio l’Italia e la Russia di oggi?
T. Sin dai tempi
dell’università io vivo e respiro la diretta. A volte mi sento una specie di tele
cyborg: guardo più spesso la telecamera che gli occhi degli amici, ragiono per
stereotipi giornalistici, percepisco il mondo come in una sala montaggio… Non
sorprende che il mio primo – e spero non ultimo – libro sia dedicato ai
retroscena televisivi. Anche la mia vita privata è indissolubilmente legata
alla tv: un giorno persi la testa per un giornalista televisivo italiano.
Ironia della sorte: perfino l’amore nasce con la benedizione dell’onnipotente
tv. Per me si tratta di un tema molto doloroso.
Con il romanzo TELEamore ho cercato di rivelare i retroscena del
panorama televisivo, di immergere il lettore in un mondo in cui regna sovrana la
tv, un mostro dispotico che sottomette a sé la ragione e il sentimento e finisce
per impossessarsi completamente dell’anima degli uomini, un diavolo tentatore che
annienta i sensi e cancella ogni valore. La televisione manipola il nostro inconscio,
ci affibbia degli eroi, ci inculca i suoi stessi pensieri, ci detta delle
regole crudeli, ci fa usare la sua lingua, che è poi quella che ho voluto
adottare in questo romanzo: dinamica, laconica, piena d’azione. È proprio così
che noi giornalisti televisivi spesso ci comportiamo con una notizia. È un trucco
molto valido quando si ha a che fare con telespettatori il cui gusto viene
costantemente plasmato dalla tv. La capacità di passare da un programma all’altro,
da una notizia tragica a una comica, e la nostra percezione frammentaria della
realtà ci privano di ogni sentimento umano. Per TELEamore ho scelto la forma di
un lungo notiziario, con i servizi più vari ispirati direttamente alla vita di
due ostaggi dell’impero televisivo.
Che cosa ti ha colpito
maggiormente del mondo della comunicazione italiana e quali differenze noti
rispetto a quello russo?
T. Spero che gli abitanti della penisola appenninica mi perdoneranno,
ma nel mio romanzo TELEamore ho lasciato grande spazio all’ironia (credetemi,
in maniera del tutto inoffensiva) nei confronti della tv italiana e ho inserito
tutta una serie di caricature. Non si tratta di una narrativa grottesca, ma
piuttosto del tentativo di esprimere le perplessità di una straniera
sconcertata da uno schermo in cui sembra andare in onda un infinito carnevale.
La tv russa mantiene ancora i suoi tabù e i notiziari presentano un modello di
donna piuttosto puritano. Per le dive della tv italiana, al contrario, ogni
notiziario è uno show. Abiti scollati, scollature generose, acconciature
botticelliane, orecchini da gitana… La loro è un’immagine indubbiamente
affascinante, ma un aspetto così provocante fa passare ogni notizia in secondo
piano. Forse gli uomini italiani sono abituati a tanta sensualità, ma il
telespettatore russo è più conservatore. Inoltre in Russia anche un banale
reportage viene considerato un’opera d’arte e c’è una grande attenzione per la
forma estetica, come nei film di Tarkovskij.
È un peccato che i
programmi più interessanti, quelli per un pubblico ancora in grado di pensare,
con discussioni in studio su temi di rilevanza globale nel nostro Paese sempre
più spesso vadano in onda di notte, in una fascia oraria dedicata a pochi
eletti. Al loro posto imperversano i programmi di cucina, ogni tipo di gioco,
trasmissioni satiriche dal discutibile humour e programmi sulle celebrità in
cui i pettegolezzi la fanno da padrone. Ma se in Europa un palinsesto del
genere ormai è già la norma, in Russia programmi come questi vengono ancora
considerati di seconda categoria.
Non si tratta solo di un modo
diverso d’intendere la libertà d’espressione?
T. Può darsi che sia una
questione di mentalità. Nel nostro DNA noi conserviamo ancora la capacità di
provare imbarazzo. Mi ha molto stupito che in Italia alcuni uomini al primo
appuntamento si lancino volentieri in una rissa o si mettano a raccontare i
propri trascorsi sessuali, spifferino senza remore i segreti degli amici più
cari e chiedano disinvolti persino a un interlocutore appena conosciuto a
quanto ammonti il suo stipendio. Mentre gli italiani non si fanno scrupoli nel
linciare pubblicamente il Berlusconi amante delle donne, i russi non osano
sbandierare la vita privata di Putin da uno schermo televisivo. E non perché il
nostro sia un totalitarismo: credetemi, di libertà di parola in Russia ce n’è
più che nell’America che ricorre ai propri mezzi democratici nel carcere di
Guantanamo. Semplicemente il nostro popolo è di un’altra pasta. Noi amiamo i
segreti. C’è sempre qualcosa che non diciamo.
Che cosa può insegnarci il modo
di comunicare russo e, viceversa, quale contributo può offrire l’Italia alla presa
di coscienza russa?
T. Da secoli il mondo intero ci
attribuisce un’importante missione spirituale. Per questo non vogliamo che la
nostra TV sia preda degli istinti più bassi e dedicata al puro intrattenimento.
Pretendiamo invece che ne venga mantenuto il ruolo educativo, che ispiri la popolazione,
che la liberi dal suo primitivismo. La televisione, come anche la letteratura,
non deve ipnotizzare. Il suo ruolo è quello di risvegliare le qualità più
nobili, di aiutare a vivere meglio, e non quello di allontanare dalla realtà,
nuovo oppio per l’intera popolazione.
Nel mio libro alludo
chiaramente a un’ulteriore caratteristica della società italiana che ho avuto
modo di constatare: una sorta di servilismo patologico verso l’America che si
accompagna a uno snobismo nei confronti della Russia. Sono convinta che se i
giornalisti fossero meno orientati verso l’Occidente e, anziché ripetere i
mantra propinati oltreoceano dai politici americani, cercassero di comprendere
l’animo russo con la propria testa, scoprirebbero qual è la vera Russia, capirebbero
che siamo qualcosa di più di matrioske, orsi e caviale. Del resto, anche per
gli italiani è offensivo essere definiti solo per stereotipi: mafia, pizza,
Dolce & Gabbana. Io non giudico il lavoro dei miei colleghi stranieri, non
dico cosa sia da salvare e cosa vada assolutamente cambiato; mi limito a dare
risalto nel libro a ciò che mi ha stupito, colpito, che mi ha fatto sorgere
dubbi e che, a volte, mi ha regalato un sorriso… Credo che per gli italiani
sarà interessante osservarsi da questo punto di vista.
Io adoro l’Italia e tutto ciò
che è legato a questa nazione. Ripeto spesso che il mio cuore apparterrà per
sempre a Roma. Per questo mi rapporto agli italiani, in privato come in tv, con
una sorta di simpatia incondizionata. A questo popolo posso perdonare qualunque
cosa, come si fa con i bambini. Di fronte al loro fascino disarmante e alle
loro incommensurabili capacità artistiche non ci si può che arrendere.
Al mio libro TELEamore si può
rimproverare molto, ma quel che è emerso dai commenti dei lettori è chiaro:
leggendolo, non si rimane indifferenti. Probabilmente è perché l’ho scritto in
maniera sincera, con tutto il cuore. Dalla
Russia con amore.
Che cosa dobbiamo aspettarci dai nuovi
progetti di Tanya Alehina?
T. Al momento sto lavorando sul
mio secondo libro. Naturalmente anche questo parlerà di tv, e il nuovo protagonista
sarà ancora un giornalista italiano. Cercherò di indagare le trasformazioni
dell’animo umano, la metamorfosi di Saul in Paolo in soli tre giorni. E ad
ispirarmi sarà di nuovo una stupefacente Italia. Vagherò ancora per le sue
viuzze intrise dell’aroma dell’espresso, ascolterò la musica dei borghi, ne
respirerò l’aria impregnata d’amore e rimuginerò con nostalgia sul mio sogno
infranto…
2 commenti:
Mi presti un suo libro?
Son diventata filo rossa con una preferenza per il biondo
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