"Da quassù la Terra è bellissima, azzurra, e non ci sono confini o frontiere" (Juri Gagarin)

mercoledì 5 gennaio 2011

LA LUNGA MARCIA DEL GLACIER EXPRESS




St. Moritz è una città a due facce. Appare sgargiante, modaiola, a tratti aristocratica. Vedette dell’alta società, dal 1864 riesce immancabilmente ad ammaliare chiunque si avvicini ai suoi impianti sciistici o ai lussuosi negozi del centro, ma proprio per questo tende a sottrarre alla vista il suo animo più intimo e genuino. Usa l’artificio e il cosmopolitismo più come strumento di difesa, che di reale etichetta per onorare il titolo di capitale del turismo alpino invernale. Così ha fatto del Trenino Rosso del Bernina il suo araldo più fido, lo straordinario intrattenitore capace di trasformare l’Engadina in un punto d’arrivo, anziché di scoperta dell’autenticità svizzera.


Eppure alle spalle della città si apre un mondo d’incanto che la tratta ferrata da Tirano lascia assaporare con l’ambigua sazietà di un boccone obnubilante. Le vertigini del viadotto elicoidale di Brusio, la mastodontica ritirata dei ghiacci del Morteratsch, le bizzarrie geologiche plasmatesi nelle Marmitte dei Giganti di Cavaglia: potrebbero bastare i 61 chilometri dal confine italiano al capoluogo engadinese per soddisfare la sete di meraviglia di qualunque visitatore.
Se l’Unesco ha però scelto di porre sotto tutela l’intero percorso ferrato attraverso l’Albula, alle appendici della Svizzera tedesca, una ragione per spingersi oltre ci dev’essere per forza; e questa si chiama Glacier Express, il treno gemello del ben più popolare Kleine Rote.

Già a Filisur, la prima tappa del tracciato diretto a Zermatt, s’intuisce che la ferrovia si sta piano piano inoltrando in un territorio sovrumano: proprio qui è stato infatti ritrovato l’unico esemplare di reticodattilo, un rettile del Triassico Superiore con tanto di cresta mostruosa sul naso e mandibola dalle zanne acuminate, di fronte a cui prendono nuovo vigore le teorie sul “mondo perduto” descritto da Conan Doyle. Poco più avanti si resta poi sospesi sull’ampio arco del viadotto Landwasser, quasi che cielo e terra fossero ormai solo uniti da quest’unico passaggio.


In realtà la selvaggia gola di Schyn è stata ben fortificata da torri e castelli, la cui possanza rivaleggia con le verticalizzazioni dei Grigioni e trasmette lo stesso senso di sicurezza che sprigiona la spinta dei vagoni.
Ambizione. Sfida titanica. Anelito alle vette. Il Glacier Express avanza con l’imperturbabile convinzione di poter violare ogni limite, figlio di una generazione ormai lontana, votatasi cuore e anima al Positivismo della ragione, eppur consapevole del dramma della caduta: la linea risale infatti al contraddittorio periodo compreso fra il 1890 ed il 1930, quando un gruppo di pionieri osò piegare la cocciutaggine della montagna al giogo della tecnologia, ricorrendo all’ingegnosa combinazione di gallerie a tornante, viadotti e sistemi a cremagliera. Non a caso alcuni tratti della ferrovia raggiungono una pendenza del 12.5%, tali dunque da vanificare qualsivoglia pretesa d’aderenza.



Incastonata a fondo valle, l’abbazia di Disentis sembra allora erigersi per ricordare che il troppo non è in fondo la vera dimensione dell’uomo, che occorre conservare nel proprio cuore quell’umiltà grazie a cui, ancor oggi, si regge in piedi il più antico esemplare svizzero di complesso monumentale benedettino: austero quanto basta per far desistere truppe indesiderate dall’attraversare il passo del Lucomagno, giudicato snodo cruciale per insidiare il cuore delle Alpi già dagli imperatori Ottone I e Federico Barbarossa.


Da qui in poi il percorso torna dunque a farsi ripido ed insidioso, dovendo ricorrere costantemente all’uso della cremagliera: pari pari il Glacier Express rialza la testa, col chiaro intento d’insidiare la cima più alta dell’intero viaggio. Fatica e caparbia. Metro dopo metro raggiunge quota 2033, nei pressi dell’Oberalppass, il punto in cui i ghiacci dei Grigioni si specchiano scenograficamente nel lago che porta il nome stesso del valico: quest’area rappresenta un paradiso naturalistico sia per chi voglia dedicarsi alle attività sulla neve (in direzione di Andermatt s’incontrano 34 impianti sciistici ed oltre 166 chilometri di piste), ma anche per quanti ritengono che le escursioni nelle pieghe del Gottardo celino le definitive risposte all’audacia del Glacier.


D’improvviso, però, buio pesto. Le cime incappucciate, la furia dei torrenti, la danza degli abeti scompaiono con un colpo di spugna. La terra ammutolisce. Resta solo la sensazione di affondare, di essere sprofondati in una voragine luciferina apertasi sotto le rotaie, inevitabile punizione per un’insistenza ormai recidiva. No. Non è la mano adirata di un dio olimpico. Neppure il castigo per aver spregiato Babele. Dentro la galleria di Furka-Basis si apre in realtà un passaggio di venti chilometri che, dal 1982 ad oggi, si ripropone di sconfiggere i rigori dell’inverno e consentire lo snodarsi del traffico ferroviario senza alcuna interruzione di servizio. E’ l’ultimo sacrificio imposto al Glacier Express: rinunciare alle vette per guadagnare la via al mare. Per aprirsi un varco che non incontrerà più veri ostacoli almeno sino alle acque del Mediterraneo. Il tragitto per Briga appare ormai in discesa, rasserenata dai flutti del Rodano e controllata a vista dalla case patriarcali in legno di cui il Vallese è costellato. Le guglie scabre e taglienti cedono agli inviti melliflui dei campanili barocchi, lasciando che l’asprezza della roccia si plasmi sotto lo scalpello civilizzatore. Dopo il tornante di 270 gradi della galleria, il treno scivola quindi per 150 metri verso il cuore della vallata.


Mai fidarsi delle apparenze.
Lo splendido Stockalperschloss dalle guglie a cipolla, ovvero il castello di Briga, avrebbe dovuto ricordare che le difese non vanno abbassate mai anzitempo. Costretto a fronteggiare un terreno di nuovo impervio ed accidentato, lo slancio della corsa non può che arenarsi. Ai lati, esili ponti di pietra tentano disperatamente di trovare appigli, mentre gli occhi sbarrati finiscono per indugiare sul gigantesco cono di cocci nei pressi di Randa. Se oggi la natura sembra qui più clemente e permette che le gittate vadano a buon fine, certo non lo fu nel 1991. Mostratasi arrendevole alla sete di conquista dell’uomo, la montagna venne sfregiata da una violentissima frana.
Un avvertimento, forse. D’altra parte il muro che porta a Zermatt non è uno scherzo, imponendo un nuovo dislivello di mille metri, così come una lezione di pazienza che ha in sé tutta la saggezza delle Alpi millenarie. Su. Su. Ancora un poco. L’estremo baluardo del Vallese promette un rifugio sicuro sotto le lastre di pietra dei tradizionali “mazot”, oltre che centri di cura ormai padroni della risposta definitiva ai 104 anni di Ulrich Inderbine, la leggendaria guida alpina che scordò il tempo all’ombra del Cervino.
Canino d’avorio senza più preda all’orizzonte, è l’unico a non rassegnarsi alla fuga di quel trenino ostinato. Ringhia. Ringhia nel cielo cobalto. E continua a ripetere a se stesso: “tornerà, questo è certo!”. Nessun timore. Anche il Glacier Express sa ormai bene come stringere i denti.

COMFORT GARANTITO

Quando si dice “precisione svizzera”. Carrozze per la visione panoramica a 270 gradi, bicchieri da vino con gambo inclinato a seconda della pendenza di risalita, grappa e acquavite serviti sfruttando un arco di caduta di quasi un metro. Sono solo alcuni dei piccoli accorgimenti che fanno del viaggio sul Glacier Express un’esperienza di grande comfort e benessere, oltre che di scenografica bellezza. Non da meno sono le stuzzicanti portate che accompagnano il viaggio da St. Moritz a Zermatt (o viceversa, info su www.glacierexpress.ch, o www.rhb.ch), generalmente percorribile anche in giornata fra le 9 del mattino e le 6 di sera: immancabili a bordo il tipico fondente svizzero o la torta di noci grigionese, il pane di pera e i pregiati vini di tradizione valtellinese, come lo Sforzato o il Bianco di Vertemate. Per i nostalgici è addirittura disponibile un servizio in stile retrò, agganciando il Glacier Express ad un Coccodrillo Ge 6/6 di oltre 70 anni (lungo l’Alpine Classic Pullman Express), o una locomotiva a vapore sul tragitto Furka-Berg.

PACCHETTI VIAGGIO

1) Adrastea (www.treninorosso.it): 3 giorni nella combinazione Bernina, Glacier Express e Zermatt, con quote a persona a partire da 349 euro (inclusivi di due pernottamenti in hotel 3 stelle a Coira e Zermatt, viaggio in seconda classe con partenza da Milano).

2) Il Girasole (www.ilgirasoleviaggi.it): 3 giorni nella formula “Cervino bianco”: si parte sempre da Milano ma si arriva il primo giorno a Zermatt, percorrendo la ferrovia al contrario. Primo pernottamento a Briga, il secondo a Coira, quindi rientro via Bernina verso il capoluogo lombardo. A partire da 380 euro in seconda classe.

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