"Da quassù la Terra è bellissima, azzurra, e non ci sono confini o frontiere" (Juri Gagarin)

giovedì 22 aprile 2010

LA SENTINELLA DEI CARAIBI





Sarebbe tutto perfetto. Tutto straordinariamente romantico. Sulle onde di Dickenson’s bay il sole è più paonazzo delle gote di una vergine, lo champagne attende in camera e c’è persino un tappeto di petali di rose, che dalla porta della suite coloniale zampetta dritto dritto verso un letto a baldacchino. Anzi, con un tocco di malizia in più, invita a tuffarsi fra le schiume traboccanti della vasca da bagno. Peccato che lì sotto aspetti allarmata una paperella gonfiabile. 














Il butler ne ha combinata un’altra delle sue e difficilmente tornerà ad irrompere nell’idillio. Non si rassegna all’idea che un ospite possa giungere solo al Grande Antigua Sandals, pluripremiato resort che tutte le coppie sognano e nel quale, per i cuori innamorati, è d’obbligo trascorrere almeno una notte nella vita. 

Poco male. E’ domenica sera e, come regolarmente avviene nei week-end d’ogni settimana, a Shirley Height fanno festa. Cantanti reggae, ballerine scatenate e venditori di maracas color arcobaleno si ritrovano immancabilmente lassù, in cima al picco che domina l’antico porto dell’ammiraglio Nelson. 

Prima che Antigua fosse ribattezzata “l’isola delle 365 spiagge”, sulle mappe della Royal Navy aveva infatti un ruolo ben più strategico: a metà strada fra le Grandi e le Piccole Antille, fungeva da snodo cruciale sulla rotta fra le Americhe e l’Europa, permettendo in tal modo di controllare il traffico dell’ignobile triangolazione con l’Africa. 

Non a caso gli inglesi, fiutato il valore logistico di quello che ancor oggi è considerato il miglior approdo dei Caraibi, se ne impossessarono definitivamente nel 1667 e lo difesero a denti stretti. Nacque così la leggenda di English Harbour, l’arsenale più temibile della Corona, ove l’ammiraglio Nelson forgiò il suo genio militare spappolando stuoli di zanzare e raddrizzando ciurme devastate dal rum. 

In realtà la vera attrattiva della serata sono le steel band, moderni sciamani prestati alla transe dei tamburi di latta (i cosiddetti “pan”), che per ore ed ore riescono a far roteare le bacchette a velocità impressionante, creando scale di note impossibili. Davanti alla loro forsennata potenza, il pubblico sembra cadere in uno stato di percezione extrasensoriale, con i piedi che tarantolano nella polvere e i dread-lock attorcigliati alle stelle. 


Questa forma di sfogo, le cui radici affondano nella rabbia degli schiavi africani, verso gli anni ’30 del Novecento s’imbattè nei bidoni di petrolio accumulatisi a Trinidad e finì per trasformarli in un’assordante mitragliatrice anti-coloniale. Ecco perché, indipendentemente dai natali sudantillani, le steel band sono oggi il simbolo dei Carabi liberi e un po’ voodoo, tanto d’aver inaugurato scuole ovunque.
Col suo leggendario carnevale, in calendario dall’ultima settimana di luglio al primo martedì d’agosto, Antigua rappresenta forse il miglior punto d’incontro fra le danze degli antichi indigeni Arawaks, i colori sgargianti degli immigrati africani e la spavalderia un po’ esibizionista dei lupi di mare alla deriva. 
L’antica vedetta di Shirley Height potrebbe invece essere il posto perfetto per incontrare l’uomo che, dei Caraibi, ha già capito tutto più di vent’anni fa. Camicia bianca fuori dai pantaloni e occhiali da sole con taglio dandy, Carlo Falcone è il nostro console onorario di stanza ad Antigua. Conosce chiunque, ha creato e gestisce la seconda marina più importante dell’isola (a Falmouth Harbor, nei pressi della deliziosa spiaggia di Pigeon Beach), ma fra un’Olimpiade a Barcellona ed un trionfo nella Rolex Cup a bordo del suo yawl “Mariella”, trova persino il tempo per farsi magnate della vivace scena artistica locale. 
“Sono arrivato qui per caso – ama ricordare col suo inconfondibile accento livornese – perché non ne potevo più della routine aziendale. Ho caricato moglie e figlio sulla mia imbarcazione ed abbiamo attraversato l’Atlantico insieme. Antigua è il top per un appassionato di vela, sicché ho gettato le ancore e mi son messo al lavoro per trovare un po’ di spazio agli yacht di passaggio. Ed ecco qui il mio Antigua Yacht Club Marina: un posticino dove puoi farti un cocktail con Herry Pepper, l’inventore del pennarello, o strizzare l’occhio ad una star di Hollywood. Ma che tu sia all’Abracadabra o al Madison’s Casino, sta’ sicuro che per l’isola c’è sempre qualcosa o qualcuno nell’aria. Basta balzare sul primo catamarano a tiro. O preferisci l’elicottero?”.

Magari basta aggrapparsi alla paperella galleggiante. A qualcosa dovrà pur servire, diamine. La villa del premier Berlusconi è la più facile da riconoscere, anche perché si è già accaparrata la miglior fetta di terreno disponibile sul tratto occidentale della costa: con un tempismo perfetto, tenuto conto che il governo antiguano sta pensando già da un po’ d’istituire nell’area un parco marino nazionale. 

Più avanti, su uno sperone di roccia staccatosi probabilmente dalla lontana Albione, torreggia la residenza di un certo Eric Clapton, che per vicini di casa ha Cliff Richards e Jean Paul Belmondo. Giusto un tuffo fra le anse di Green Island, dove un sinistro cappio sopra una seggiola abbandonata sembra alludere alle fughe dei vecchi schiavi, e di nuovo all’orizzonte si affaccia Nelson Dockyard: l’unico porto in stile georgiano tuttora attivo, all’interno del quale l’epopea della colonizzazione rivive i suoi fasti attraverso un museo tematico, gli edifici d’epoca in parte riadattati ad hotel e a laboratori, ma soprattutto nello splendore dei velieri ancorati nei pressi della Boat House. 

Antigua è così. A differenza di tante altre isole caraibiche, dove le rare testimonianze storiche sbucano all’improvviso dietro un banano e si stagliano enigmatiche nel vuoto circostante, è riuscita ad infondere nuova vita al suo passato e a riadattarlo alle esigenze dei suoi abitanti ormai indipendenti. Si pensi ad Harmony Hall, un vecchio mulino per la lavorazione dello zucchero dove il nostro console ha alloggiato la più interessante galleria d’arte dell’isola, offrendo spazio ai coloratissimi quadri e alle sculture tribali dei talenti locali. 
Certo una destinazione di maggior prestigio rispetto a quella che altri residenti hanno scelto di riservare alla novantina di basamenti in pietra sparpagliati per Antigua, chi a mo’ di garage per l’auto, chi come torretta d’appoggio per la propria abitazione, chi ancora come osservatorio per le stelle. Solo Betty’s Hope non ha mai cambiato volto, restituendo il sapore amaro di come potessero apparire le piantagioni da zucchero sino alla metà del secolo scorso, quando gli ultimi discendenti degli schiavi si ostinavano a mantenere ancora in vita il sistema agricolo della monocoltura. 

A volte pare addirittura di udire il lamento straziante delle migliaia di neri che, notte e giorno, venivano costretti a tagliare, raccogliere, macinare e raffinare le infauste canne, sino a quando il logorio della fatica non piegava loro le gambe a terra e il cuore nel fango. 

E’ il vento, che ulula sotto l’arco calcareo di Devil’s Bridge, pochi chilometri ad est della tenuta che Christofer Codrington dedicò a sua figlia nel lontano 1674; il vento che piange le tante anime immolatesi alla rabbia dei flutti sottostanti, per sfuggire ad una vita di sfruttamento ed umiliazione. 

Lo stesso vento che ossessivamente ripete nei suoi mulinelli i nomi di Liberta, Freetown ed All Saints, di quegli sparuti villaggi che portano scritta la promessa di un riscatto giunto troppo tardi e, nel disegno delle loro case, celano il sogno di una nave lanciata verso le braccia della Grande Madre Africa. 

Per quanto al Redcliff Quay di St. John’s, il quartiere storico della capitale, si sia riusciti a nascondere rughe e graffi per compiacere la meraviglia dei crocieristi in cerca di opulenti duty free, lungo le vie della città si respira un’aria fascinosamente trasandata, simile a quella di un’isola sopravvissuta ad una tempesta: l’antica cattedrale ottocentesca svetta ancora possente, ma deve aver smarrito qualche pezzo per strada; le vivaci case di legno mostrano colori stinti e architetture ubriache; dalle panchine di passaggio si levano massime di biblica saggezza, eppure nessuno siede sopra. 


Forse l’anima autentica d’Antigua si è trasferita altrove, sotto le impalcature del mercato coperto, là dove lo sguardo del presidente Vere Bird ricorda a tutti che l’indipendenza del 1981 fu soprattutto una lunga ed accorta trattativa con la Corona Britannica. 

La sua pazienza, il suo scrupolo, la sua decisione, rivivono oggi nei volti dei tanti passanti che s’affaccendano a trovare il mango migliore o il gambero più fresco: perché l’antiguano è figlio della terra e delle tante tenute che costellano la brulla campagna dell’interno, fra mucche al pascolo e piante cariche di frutta. 

Tesori presto inghiottiti a sud da una fitta foresta tropicale, che inevitabilmente costringe ad acrobatici percorsi canopy per ritrovare la bussola fra i “monti” Shakerley (il Boggy Peak, la vetta più alta, supera di poco i 400 metri). 

Proprio Christian Farm, una tenuta dove frutta e verdura tipici vengono coltivati secondo standard rigorosamente bio, rappresenta il nuovo volto dell’isola: qui si approvvigiona ad esempio il premiatissimo chef Verman Banhan, che al resort Hermitage Bay ha dato vita ad una delle cucine più rinomate di tutti i Caraibi. 

Le due strutture rientrano in un avanguardistico progetto d’ecosostenibilità ideato dall’inglese Andy Thesen, grazie a cui i visitatori hanno modo di formarsi alle nuove metodologie di rispetto ambientale: le residenze del resort sono oltretutto costruite in materiali completamente biodegradabili, non hanno impatto sul territorio (essendo mimetizzate nella vegetazione) e vengono alimentate con energie pulite (mediante impianti solari e riciclo delle acque). 

Un polo di riferimento per lo sviluppo dell’isola intera, che rende Antigua due volte libera. Dalla schiavitù del mercato, ma anche e soprattutto dalla cecità del consumo. 



LE SORELLE MINORI

Se la sola Antigua vanta una spiaggia diversa per ogni giorno dell’anno, le sue isole gemelle dovrebbero però candidarsi come fuori concorso. Non è infatti possibile dire di aver nuotato nelle migliori baie dei Caraibi, senza aver messo prima piede sulla spiaggia rosa di Barbuda, o insidiato l’enigmatica scogliera di Redonda. La prima (www.barbudaful.net) dista appena 20 minuti di volo o un’ora e mezza di traghetto da St. John’s (la stessa distanza può fra l’altro esser coperta a bordo del nuovissimo e confortevole catamarano Barbuda Express) ed è di fatto un paradiso incontaminato. Al di là della cittadina di Codrington, della storica Martello Tower (una torre d’avvistamento del XVIII secolo) e degli ancor più antichi graffiti Arawaks nelle grotte dell’interno, i restanti 160 chilometri quadrati dell’isola appartengono solo alle fregate, mentre i fondali alla ricchissima fauna ittica che popola la barriera corallina. Ancor più piccola è Redonda (www.redonda.org), un impervio dirupo di appena 3 chilometri quadrati, oggi completamente disabitata. Per via della sua posizione defilata a ovest di Antigua, nei secoli fu soltanto un rifugio per corsari, ma i suoi enormi giacimenti di fosfato (generati dal guano dei gabbiani) accesero per qualche anno l’interesse della Corona Britannica, verso gli inizi del Novecento. Ben altro approccio ebbe però il banchiere irlandese Matthew Dowdy Shiell, che acquistò l’isoletta nel 1865 ed incoronò suo figlio Re di Redonda. I sovrani inglesi hanno sempre tollerato questa bizzarria nobiliare, sicché nel tempo si sono succeduti diversi re, fra cui il poeta John Gawsworth e il romanziere spagnolo Javier Marias. Oggi è in corso una serrata disputa fra vari pretendenti, andata in scena persino con azioni di commando. 

IMPRESE D’ASSALTO

Non paghi dei disastri combinati in anni di colonialismo, gli Europei continuano a dividersi i Caraibi per zone d’influenza. Ci sono le isole filobritanniche, filofrancesi o filolandesi, ma da qualche anno persino filoitaliane. Antigua è proprio una di queste, grazie soprattutto all’interesse mostrato da alcuni Vip di casa nostra, fra cui lo stilista Giorgio Armani e il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. Quest’ultimo pare aver preso molto a cuore gli interessi del governo antiguano, avendo promesso al premier locale Baldwin Spencer d’impegnarsi personalmente per far condonare il debito estero dell’isola dai leader europei. D’altra parte Berlusconi non è solo un abituale turista di Antigua, possedendo diverse ville in loco, ma sta cercando di costruire anche quattro case per i suoi figli e per i giocatori del Milan, nella zona di Nonsuch Bay. Un business che, nell’arco degli ultimi tre anni, ha visto passare circa 25 milioni di euro sul conto corrente dell’impresa Flat Point (rappresentata dall’architetto Gianni Gamondi, il guru della Costa Smeralda) e dunque della sua banca d’appoggio Arner, finita però nelle indagini antiriciclaggio della Banca d’Italia. Il sindaco di Milano Letizia Moratti si è invece impegnato a risolvere il problema della scarsa illuminazione delle strade interne dell’isola, mentre numerosi progetti di scambio formativo coinvolgono gli studenti italiani e di Antigua. Non sorprende scoprire che, a queste condizioni, Antigua sia risultata una delle nostre più strette sostenitrici per l’assegnazione dell’Expo2015, oltre che prodigo interlocutore nel concedere le migliori condizioni per lo sviluppo dei piani edilizi. I prezzi immobiliari sono molto competitivi: per un appartamento in condominio vengono mediamente richiesti 200mila dollari, mentre il costo del terreno al piede quadrato (pari a 0.09 metri quadrati) può partire da appena 125 dollari. 

UN RIFUGIO PER ARTISTI

Grazie al continuo afflusso di creativi internazionali, affascinati dalle ricche contaminazioni popolari presenti sull’isola, Antigua sta vivendo un vero e proprio Rinascimento caraibico. E’ facile rendersene conto osservando i numerosi manufatti che affollano il mercato artigianale di St. John’s, dove la terracotta viene lavorata ancora con metodi tradizionali o i gioielli confezionati con pietre e conchiglie. Recentemente è così nato il primo portale dedicato ai talenti di Antigua (www.antiguanartists.com), su cui sono raccolti i profili di 25 pittori, scultori, vasai e fotografi. Fra questi spicca l’italiana Dina Debrozzi, che nel 2011 organizzerà sull’isola un’importante personale. Non occorre comunque attendere così a lungo per farsi un’idea delle bellissime opere prodotte: esiste un circuito appositamente dedicato all’arte locale, che permette di scoprire i lati più folkloristici di Antigua partendo dall’Hide Out Art Gallery di Picadilly, per arrivare all’Elvis Pottery o al The Art Loft, via via sino alle prestigiose Harmony Hall e Rhythm of Blue Art Gallery . 

RISTORANTI

HARMONY HALL

Oltre ad ospitare la più famosa galleria d’arte dell’isola, l’antico mulino in pietra che s’affaccia su Nonsuch Bay sperimenta deliziose fusion fra cucina italiana e caribe, giocando sull’uso delle spezie e sugli intensi sapori della frutta tropicale. Gli ospiti possono approfittare della barca ormeggiata per un tuffo sull’amena Green Island. Funziona anche come intimo alberghetto di 6 stanze, ripartite in due ville. 

LE BISTRO

Nell’area di Hodges Bay si trova il piccolo regno del cuoco lionese Patrick, noto per le sue fusioni di pietanze francesi e caraibiche. Viene considerato un must d’Antigua, anche per via delle numerose recensioni internazionali e per la presenza alla trasmissione “I migliori cuochi del mondo” in onda su Discovery Channel. Propone aragosta, snapper, petè e insalate miste. 

TREETOPS


Delizioso ristorante all’interno di un vivaio, dista appena cinque minuti dall’aeroporto di St. John’s. Il menù si basa sulla cucina creola, con tanto pesce fresco e gamberi d’ogni sorta. Spiccano il mahi-mahi, il salt fish con funghi e le insalate di mare. Suggerito il Sunday barbecue lime dalle 13 alle 19, con musica live.

HOTEL

ANTIGUA YACHT CLUB MARINA&RESORT
Situato sulla collina sovrastante la marina di Falmouth Harbour, in posizione centrale rispetto allo storico porto English Harbour, è circondato di negozi, boutique e ristoranti. Il nuovo resort comprende 49 sistemazioni, tra cui 19 camere d’hotel, 24 appartamenti monolocali e 6 suite bilocali, ciascuna arredata con elegante mobilio in legno.

GRANDE ANTIGUA SANDALS
Ubicato sulla spiaggia sabbiosa più lunga d’Antigua, a Dickenson Bay e ad appena 15 minuti dall’aeroporto, propone una speciale formula “luxury all inclusive”, valida sia nell’ala “Caribbean Grove”, che nel nuovo “Mediterranean Villane”. Vanta ben 373 camere e suites, di 17 diverse categorie, con possibilità di servizio maggiordomo. Uno migliore dell’altro i 6 ristoranti a disposizione, è ideale per gli sport acquatici e per i trattamenti spa.

HERMITAGE BAY
Idillico resort da 25 cottage suite, mimetizzate in una proprietà verde di 140 acri, offre 17 di queste in collina, 5 frontespiaggia, più altre 3 a livello mare. Eco-friendly, si avvale anche di un’ottima spa ove sono impiegati i prestigiosi prodotti Dorissima e di una terrazza scenografica per esercizi di yoga, pilates e meditazione all’aperto. Sono organizzati pic-nic in barca su litorali selvaggi, passeggiate lungo l’antica via degli schiavi, nonché visite alla tenuta che fornisce i prodotti agricoli per il ristorante interno, giudicato uno dei migliori in tutti i Caraibi. Doppia a partire da 830 dollari a notte, all inclusive.

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