"Da quassù la Terra è bellissima, azzurra, e non ci sono confini o frontiere" (Juri Gagarin)

lunedì 1 gennaio 2007

AUSTRIA/1



SULLA BELLA DRAVA MARRONE

Un passo avanti, un passo a fianco e quindi a lato...Hoplà! Felix Austria, con che stile ti accomiati! Ebbene sì, anche il 2006 è alle spalle, ma nei volteggi dei tuoi walzer ben di più resta indietro: la barbarie, l’ipocrisia borghese, il mito dell’uguaglianza e gli occhi inquieti di Natascha Kamputsch. A Vienna si danza sul bel Danubio blu, a Bagdad penzola un barbuto dittatore. Scoppiano fuochi d’artificio dalla parrocchiale di Klagenfurt e a Mogadiscio echeggiano i botti dei kalashnikov.



Che ha da spartire con noi, tutta questa feccia? Non sono forse impagabili i nostri Glueckschwein di marzapane, così pittorescamente allineati nelle casette di legno? Non è delizioso il modo in cui le facciate neoclassiche del vecchio impero risplendono senza una ruga, come se nulla fosse cambiato dalle attempate passeggiate del buon Franz, fra gli abeti profumati di Bad Gastein?



Se al mondo esiste una culla, dove dimenticare ogni bruttura, dove lasciare aperta la porta di casa è un invito più che un’imprudenza, dove si beve idromele al cospetto di compiacenti valchirie, altro riparo non conosco, fuorché l’abbraccio di Brigitte e il sorriso di Eva, il salubre smarrirsi dei sentieri per i boschi di Spintickteiche, l’eterna giovinezza dei lacustri specchi carinziani.



Qui il barbaro leva la mazza sul drago che sputa acqua, ma dal 1636 non trova ancora un buon motivo per offenderlo; dalle feritoie di Hollenburg si attende l’arrivo del turco invasore, ma è solo l’alba a tingere di rosso l’orizzonte e la primavera a roseggiare sulle arcate rinascimentali dei suoi cortili; dentro le poderosi torri dell’abbazia di Miltstatt non si vedono brulicare neri gesuiti, ma alla finestra è solo lo sguardo pacioso di un gatto che s’interroga sui mille anni del tiglio ancor spoglio; qui ovunque si muova un passo, l’erba si piega a lenire la fatica e le valli si aprono per non ferire l’occhio. Ovattati, rotoliamo come Mozartkuegel verso la vertigine del piacere, sapendo che dall’alto qualcuno è lì a proteggerci: poco importa se sia Dio, l’Imperatore, Metternich o il Welfare. Timidi ci avviciniamo ai distributori di giornali appesi ai pali della luce, temendo più un titolo crudo della Kleine Zeitung, che la dimenticanza di una monetina di fronte al fantasma dell’edicolante; aspettiamo intrepidi il giorno in cui potremo tuffarci nudi nelle verdi acque del Kotschachersee, alzando le spalle alle nuove mode e alle marche d’oltreconfine; seguiamo il volo di un germano reale, nella certezza che pur lontano, non ci abbandonerà mai.





Eppure la neve, quest’anno, non è riuscita ad occultare la vergognosa magrezza dell’inverno. In città abbiamo sentito auguri in mille lingue, ma le bottiglie stappate sono finite persino nelle cassette postali, fraintendendo quell’ingenuo: “Hast du etwas fuer mich?”, dipinto sul loro pancino giallo. Il mondo non ci capisce più. O forse siamo noi a non capire più il mondo. Stumpfpatapumf!



Danziamo, amate dame e prodi cavalieri! Non prestiamo ascolto a quel burbero mormorio, che turba il cinguettio dei giardini di Schoenbrunn…già in passato urlavano: “Alzati, intero mondo di affamati e di schiavi, marchiato dalla maledizione! Ribolle il nostro intelletto indignato e pronto a condurre una battaglia mortale. Distruggeremo tutto il mondo della violenza, fino alle fondamenta, e poi costruiremo il nostro mondo nuovo; chi era stato nulla, diventerà tutto! Questa è la nostra ultima e definitiva battaglia; con l’Internazionale si risolleverà il genere umano! Nessuno ci darà il riscatto: né dio, né lo zar, né un eroe…otterremo la liberazione con le nostre proprie mani!”…ebbene, siamo ancora qui, mie dame e cavalieri, danziamo! Danziamo sui violini del nostro baffuto Strauss! Usate solo una cortesia: chiudete le finestre. Inizia a far caldo…



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